L’equilibrio idro-geologico nella Piana è assicurato da un sistema a due gambe, le cui origini risalgono all’epoca medicea e che ha subito il suo assetto attuale durante l’ultimo intervento del 1929: con un collettore delle acque alte, ossia dei torrenti che discendono dalla Calvana e da Monte Morello, le cui acque vengono raccolte e accompagnate verso la foce in un canale i cui argini sono alti almeno 4-5 metri (e in alcuni punti 8) per impedire che durante piogge copiose esondino e allaghino la Piana (se si chiama Padule, un motivo ci sarà). E’ questo il Fosso Reale, che, nonostante il nome, non è affatto un fosso, ma un collettore, un vero e proprio canale.
La seconda è il collettore delle acque basse, un sistema di canali (come il Fosso dei giunchi, più o meno posizionato all’altezza della ditta Baxter in via Sestese; il canale Gavini, ecc.) questi canali hanno il compito di raccogliere le acque meteoriche e di impedire che allaghino la Piana. Le acque raccolte da questo collettore confluiscono nella parte terminale del canale Goricina e da qui nel fiume Bisenzio all’altezza dei Renai.
In questo sistema si inserisce il Polo scientifico, la cui esistenza, non prevista all’epoca della sistemazione del 1929, resta a rischio allagamento perché il collettore delle acque basse non basta a metterlo in sicurezza. Perciò il Polo scientifico ha bisogno di una cassa di espansione già previsto, che nei progetti dovrebbe costituire una sorta di piccolo parco di 80 ettari da allagare in caso di tracimazione delle acque meteoriche; e di una cassa di laminazione destinata a drenare le acque meteoriche e i cui lavori sono già stati avviati.
Oltre a ciò, nella Piana, esistono parti della vecchia pianura alluvionale rimasti dopo che il sistema sopra descritto ha evitato le alluvioni precedenti. Sono parti umide di indubbio pregio ambientale, i residui dell’antico ambiente alluvionale, e sono tutti siti di interesse regionali: gli Stagni di Focognano (oasi WWF); le Cascine della Querciola; e l’area erpetologica Val di Rose. Si tratta di ambienti dove esistono piante e animali che altrimenti sarebbero scomparsi dalla Piana.
Con la Variante al PIT e la pista aeroportuale di 2.000 metri, era chiaro che la nuova infrastruttura avrebbe impattato in modo globale su questo sistema di equilibri idro-geologici. In particolare la nuova pista avrebbe impattato direttamente sul Fosso Reale, che a quel punto sarebbe dovuto essere spostato di circa 3500-4000, circumnavigando la nuova pista e andando a impattare direttamente sugli stagni di Focognano e su tutti i siti ambientali di importanza regionale. Questi siti nelle intenzioni della variante al PIT dovrebbero essere spostati; ma a parte il fatto ridicolo di creare delle oasi ambientali artificiali, è evidente che non sarebbe possibile mantenere oasi per gli uccelli in prossimità di un aeroporto, per via del pericolo di bird strike. E infatti i regolamenti internazionali vietano una cosa del genere.
Lo spostamento del Fosso Reale avrebbe anche un enorme impatto sulla viabilità; per scavalcare il nuovo Fosso reale, i cui argini devono essere almeno 4-5 metri, occorre aumentare la livelletta di tutta la viabilità, in particolare del ponte su cui l’autostrada A11 supererà il nuovo Fosso Reale. Inoltre occorrerà sgombrare tutte le dune sabbiose CAVET che da anni svolgono una funzione antirumore e che, essendo lì da anni, sono ormai impregnate di metalli pesanti e dunque da smaltire come rifiuti speciali.
Anche l’impatto sul collettore delle acque basse della nuova infrastruttura sarebbero enormi, in particolare sul Fosso dei giunchi, che andrebbe completamente regimato, e sulle opere previste per la messa in sicurezza del Polo Scientifico, i cui lavori sono già partiti con un appalto di 982.000 euro e che sarebbero cancellati (in particolare l’area di laminazione) dalla nuova pista. Ogni tentativo di mettere in sicurezza il Polo Scientifico a quel punto diverrebbe inutile (ma forse sarebbe superfluo preoccuparsene, visto che la nuova pista cancellerebbe anche via dell’Osmannoro, unica via di accesso al Polo).
Tutte queste difficoltà idro-geologiche erano già ben note agli estensori della variante al PIT resa nota alla fine del 2010, i quali si rendevano conto che la qualificazione funzionale dell’aeroporto Vespucci si inseriva in uno scenario complesso, sui quali oltretutto ”insistono elementi non negoziabili” (Relazione di sintesi allegato B o rapporto di valutazione, p. 9). La Variante al PIT, nel Rapporto Ambientale” (p. 41), assicurava che “la fattibilità idraulica è dunque complessa e fortemente condizionata e dovrà essere valutata, anche in termini di costi, con analoga temporalità rispetto alla definizione delle opere aeroportuali eventualmente insistenti sull’area”. Dunque la Regione sosteneva di rendersi conto della difficoltà dell’intervento, e insisteva sull’analoga temporalità; le opere di contenimento del rischio idraulico dovevano essere messe in atto assieme alla costruzione dell’infrastruttura aeroportuale, senza fughe in avanti; e prima bisognava averne valutato fattibilità e costi.
Che cosa ha fatto invece la Regione? Ce lo dice il presidente del Consorzio di Bonifica, audito dalla VI commissione regionale il 2 luglio 2013: è ovvio che tutte le opere citate (lo spostamento del Fosso reale, la ricostruzione della viabilità, l’intervento sul collettore delle acque basse) sono propedeutiche alla realizzazione del novo aeroporto; ma di queste non se ne conosce né fattibilità né costi. L’unica opera di cui esista una stima dei costi è lo spostamento del Fosso Reale, che andrà da una forbice estesa da 2 a 37,5 milioni di euro (!). Ma anche lo spostamento del Fosso reale avrà a sua volta opere propedeutiche, per esempio lo spostamento del metanodotto e della fognatura opera 6.
Di tutti questi interventi, e degli altri, non esiste uno studio di fattibilità né una previsione dei costi. In alcuni casi, non è nemmeno possibile intervenire; per esempio l’area di laminazione del Polo Scientifico non si può spostare. Il presidente concludeva l’audizione dicendo: “E’ un progetto cantierabile, ma al termine di un percorso che non è ancora cominciato”. Il Consorzio produceva anche una relazione tecnica del novembre 2010 dal titolo “Studio delle interferenze tra le opere pubbliche di bonifica e la pista aeroportuale” (a cura dell’Ufficio Tecnico Consortile) che riteneva che l’intervento complessivo sulle interferenze idro-geologiche fosse un’opera realizzabile, ma con costi molto elevati e con “forte impatto a livello paesaggistico-ambientale” (p. 14). Tempi di realizzazione almeno 7-10 anni… I cantieri per il nuovo aeroporto di Peretola, nelle previsioni di AdF, Comune di Firenze e governo dovrebbero partire ad agosto 2015…
Che alla Variante al PIT non fosse annesso nulla, se ne era accorto anche l’Ordine degli Ingegneri di Prato, che nelle sue osservazioni alla variante al PIT del 24 luglio 2013 osservava a pagina 8: “Il corredo tecnico alla variante aeroportuale appare decisamente carente ed incoerente” con gli obiettivi fissati dalla regione, in quanto “la valutazione dell’impatto di una infrastruttura così ingombrante e condizionante… appare assente dagli elaborati”. L’ordine invocava “analisi serie, progetti, tempi, costi e soggetti attuatori, altrimenti si tradiscono le prescrizioni fondamentali contenute nello strumento di pianificazione regionale”. Su una cosa gli ingegneri pratesi ci avevano preso: dopo avere approvato la Variante al PIT senza le informazioni richieste da consorzio di bonifica e ordine degli ingegneri, alla cieca, la Regione metterà l’intera pratica degli aeroporti toscani in mano a Corporacion America. Sarà Eurnekian il soggetto attuatore.
E’ una brutta storia questa dell’aeroporto Vespucci, che va dalla svendita di un bene pubblico a un soggetto privato (ma con forti entrature nell’attuale amministrazione) a prezzo vile; alla devastazione di un territorio che perde le ultime vestigia dell’ambiente naturale circostanti; alla realizzazione di un’opera in cui non si sa nulla delle conseguenze di ciò che si va a realizzare; e al conseguente tradimento da parte degli enti pubblici dei propri compiti e soprattutto della tutela dell’interesse pubblico preminente perché costituzionalmente protetto, ossia la salute dei cittadini. Anche se la partita non è finita, anzi è appena agli inizi.
Un ultimo cenno a un altro problema, sottaciuto finora; nella Variante al PIT la Regione si era accorta benissimo del problema dell’inquinamento della falda acquifera da parte del nuovo aeroporto, tanto più che si sarebbe andati a incidere su una situazione già compromessa; la Regione sapeva benissimo (p. 85 della Relazione di sintesi allegato B) che il pozzo di controllo Osmannoro 10 era inquinato da composti alifatici alogenati; e sottolineava il pericolo assicurando che per il nuovo aeroporto “si tratterà di una struttura di intrinseca pericolosità per via del notevole consumo di carburanti e sostanze connesse all’esercizio e manutenzione dei mezzi meccanici” (p. 157).
Che il nuovo aeroporto sarebbe stato un mezzo fenomenale di inquinamento della falda (peraltro inquinata per conto suo) la Regione lo sapeva, e l’ha scritto; ma questo punto non è stato mai più sollevato. Si è discusso di pista convergente, di monodirezionalità, persino del nuovo stadio, ma dell’inquinamento idrico mai più. Su questo punto esigiamo risposte che, se non saranno date ai cittadini, saranno certamente date alla magistratura. A danni irreparabili ormai avvenuti.
Paolo Lombardi è attivo in Mente locale della Piana
[Questo intervento – presentato al convegno organizzato il 31 gennaio dalla Rete dei comitati per la difesa del territorio su ‘Il futuro della Piana: criticità e prospettive’ – tratta dell’unico progetto esistente che è relativo alla pista di 2.000 mt, perché un progetto per la pista di 2.400 mt non c’è ancora, e la pista più lunga viene citata solo in tre pagine mandate da AdF a Enac].
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e pensare che negli anni sessanta erano stati erogati dallo Governo 5 miliardi per l’aeroporto a san Giorgio a Colonica e non s’è fatto di nulla .