Dal 26 al 28 giugno, a un anno dall’inizio della realizzazione del progetto Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni, si svolgerà una manifestazione comprendente numerose iniziative.
Sarà un’occasione di festa e di incontro, ma anche di riflessione, confronto e verifica sul significato di questa esperienza. A tale proposito, riteniamo importante evidenziare quale ne sia un carattere fondante e oggettivamente innovativo, carattere che – a nostro avviso – è racchiuso nell’espressione Bene Comune.
Questa qualifica attribuita a Mondeggi – che richiama significati sociali, etici e politici di enorme rilevanza che, per ragioni di sintesi, non possiamo ovviamente sviluppare – non è l’ostentazione di uno slogan ripetuto per convenienze di marketing politico, ma informa conseguentemente i nostri comportamenti. Il che vuol dire che fin dalle intenzioni programmatiche, l’insediamento nella tenuta non ha mai avuto niente a che fare con la pura occupazione di un territorio abbandonato né con la semplice riattivazione delle sue capacità produttive; in altre parole, non ha mai costituito il mero tentativo di un gruppo di cittadini di recuperare reddito e possibilità di sussistenza. E non perché un simile obiettivo di per sé sia illegittimo o poco dignitoso, a maggior ragione in un contesto socio-economico come l’attuale, nel quale non difettano certo i fattori umani, tecnici, culturali o materiali per costruire ricchezza sociale.
Ciò che manca, in realtà, sono soltanto gli strumenti monetari che il modello dominante impone di possedere per poter accedere a quella ricchezza e che tuttavia non possono essere acquisiti da una parte crescente della collettività tramite l’unica modalità che le è consentita, cioè il lavoro. E dunque non per questo. E’ soltanto che si è scelto di attestarsi a un livello di proposta che oltrepassasse l’orizzonte delle soluzioni individuali o di gruppo per investirne la comunità nel suo insieme.
Del resto, per molti aspetti, si tratta di una scelta obbligata. E’ diventato infatti sempre più evidente – tanto agli analisti che al senso comune – come la scarsità dei citati strumenti monetari non sia un evento “naturale” o un effetto del manifestarsi di una presunta, eterna legge economica; ma l’applicazione di una precisa strategia messa in atto dalle istituzioni del sistema finanziario globale da un quarantennio circa e che consiste nel determinare le condizioni di un indebitamento irredimibile di gran parte dell’umanità che ne provoca l’asservimento di fatto.
Tale analisi critica – che qui possiamo solo enunciare – svela la struttura dell’attuale modello di organizzazione economica costruito su un’asimmetria di obbligazioni e opportunità che favorisce un ceto privilegiato spesso sovra-nazionale e ampi settori delle società nazionali che con esso collaborano; un ceto che ha approntato dispositivi privi di qualsiasi altra razionalità che non sia quella di drenare ricchezza dal sistema imponendo esplicitamente alle collettività di coprire costi e ammanchi. Così come è diventato altrettanto evidente che il problema ha cessato di riguardare esclusivamente il cosiddetto Sud del mondo, tanto che la messa in questione delle basi della sussistenza e della riproduzione sociale sta ormai da diversi anni pesantemente interessando anche le società cosiddette sviluppate e, in esse, non solo gli strati storicamente emarginati e sfruttati ma anche i ceti medi, per non parlare delle giovani generazioni attuali e di quelle future.
In questo senso abbiamo parlato di scelta obbligata. O riusciamo a mettere in campo una modalità diversa di associazione umana, radicalmente alternativa e autonoma da quella imposta da un’oligarchia globale che si è fatta consegnare il monopolio dell’emissione degli strumenti monetari e che, organizzandone la scarsità, governa il mondo requisendo le sue ricchezze e il suo futuro; o ci riusciamo – e in tempi brevi – o non abbiamo speranze. Ormai è chiaro: nessun senso della storia, nessuna istituzione, rappresentanza politica o classe sociale farà il lavoro per noi.
E dunque non crediamo che una soggettività in grado di assumersi tale compito possa essere individuata nelle sue storiche configurazioni religiose, politiche, sociali, ma semmai in una capacità neo-comunitaria di autogestire le condizioni materiali ed etiche della propria vita e di garantirne la trasmissione alle generazioni seguenti. Da qui il nostro considerarci non un gruppo di interesse più o meno informale, ma un nucleo della comunità territoriale o di quella sua parte più consapevole disposta a cambiare le regole di un gioco truccato e senza prospettive.
Ma perché facciamo riferimento alla comunità? Perché l’unico, vero soggetto abilitato non alla proprietà del territorio (che escluderebbe in maniera eticamente illegittima chi verrà dopo di noi), ma alla sua titolarità gestionale, è costituito da chi storicamente vi ha intrattenuto una relazione antropologica cioè comprensiva degli aspetti materiale, culturale e sentimentale; non certo da chi, come a Mondeggi, ha impiegato il proprio mandato elettorale per sfruttarne le opportunità politico-economiche – dissestandolo, inquinandolo, indebitandolo – per poi tentare di svenderlo al miglior offerente.
Coloro che da un anno si stanno prendendo cura di quel territorio, sia riparando a proprie spese i danni di una gestione talmente incapace da suggerire che nasconda altro tipo di “efficienza”, sia riavviando un rapporto equilibrato tra l’essere umano e la terra con un’attività contadina esente da inquinanti sia chimici che finanziari e da esasperazioni tecnologiche, lo hanno fatto in quanto parte di una comunità che viene costantemente sollecitata a riappropriarsi, autogestendolo, del suo Bene Comune. Le quasi 200 persone che, in una forma o in un’altra, hanno deciso di raccogliere tale invito, hanno giustappunto iniziato un percorso di riappropriazione diretta e comunitaria le cui modalità sono del tutto sperimentali e inedite. Il successo del progetto e dell’ampiezza del suo orizzonte di senso si giocherà da qui in avanti sulla capacità della soggettività neo-comunitaria di elaborarne forme di attuazione adeguate e di svilupparle.
*Mondeggi Bene Comune
Mondeggi Bene Comune Fattoria senza padroni
Appello in sostegno all’esperienza di Mondeggi Bene Comune
Mondeggi Bene Comune
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