In venti anni non abbiamo capito nulla dell’inquinamento atmosferico e delle sue cause? Secondo la Regione e molti Comuni della Toscana è la “combustione da biomasse” per il riscaldamento domestico a causare in particolare i superamenti del Pm10 nell’aria! Se così fosse, a che servirebbero i tanto temuti e criticati blocchi del traffico nelle situazioni di emergenza smog? E perché preoccuparsi dei gas di scarico dei motori diesel e dei rischi di cancro al polmone o delle due sole centraline presenti nella Piana fiorentina?
Nelle settimane scorse sono stati numerosi i Comuni della Toscana, in Lucchesia, nella Valdinievole, nel Pisano, nel Valdarno superiore e anche nell’area fiorentina, a emettere ordinanze “antismog”, con il divieto di accensione di fuochi all’aperto e con inviti a limitare l’uso di caminetti e stufe alimentati a legna, carbone o pellet, “quando nell’unità immobiliare è presente o funzionante un altro tipo di riscaldamento autonomo”.
Addirittura in Lucchesia, come misura strutturale “antismog” i Comuni stanno prevedendo dalla prossima primavera ben 150.000 euro di stanziamento per incentivi all’ammodernamento dei caminetti. Ma è la Regione Toscana a sostenere, in base al cosiddetto “Progetto PATOS”, che i superamenti giornalieri del Pm10 sarebbero determinati in prevalenza dalla combustione delle biomasse per il riscaldamento domestico: sarebbe riscontrabile nelle stazioni di fondo a Firenze come a Capannori e persino nella stazione di traffico Gramsci di Firenze, dove il contributo derivante dalla combustione delle biomasse sarebbe maggioritario rispetto a quello del traffico con rispettivamente 24% e 22%, mentre nelle stazioni di fondo il contributo del traffico nei giorni di superamento sarebbe stimabile intorno al 10%.
E in molti Comuni, e probabilmente anche in quello di Firenze, si parla di nuovi provvedimenti antismog, in caso di raggiungimento della soglia dei 15 giorni di superamento per il Pm10 o in presenza di superamenti per 7 giorni consecutivi.
Quali sarebbero le nuove misure? A quanto è possibile leggere dai giornali, si prevede il divieto di accensione di caminetti e stufe a legna e pellet fino al 31 marzo, riduzione delle temperature interne e dell’uso del riscaldamento, obbligo di spegnimento di motori di veicoli in sosta prolungata, inviti a usare di più i mezzi pubblici e meno l’auto privata.
E sarà facile immaginarsi pattuglie di vigili urbani ovunque e sguinzagliati nelle case a controllare la stufa accesa e la temperatura interna negli appartamenti! E l’efficacia dei blocchi delle auto diesel euro 3, immatricolate fino al 2005 e sempre meno numerose? Probabilmente i blocchi partirebbero al raggiungimento della soglia dei 35 giorni di sforamenti del Pm10, soglia non superata nell’area fiorentina in questi ultimi anni, vista la assurda collocazione delle centraline di fondo nei giardini di Boboli e di viale Bassi.
In attesa dei prossimi sforamenti delle centraline (a causa dei caminetti accesi nella zona, sic!) e dei futuri divieti dei Comuni (efficacissimi per la riduzione del Pm10, sic!), è sempre più forte la volontà politica di procedere nella Piana fiorentina alla realizzazione di due megaimpianti altamente inquinanti: o vogliono farci credere che le stufe inquinano più di un inceneritore e del nuovo aeroporto?
*Cecco Angiolieri, ‘focoso’ osservatore critico fiorentino
Cecco Angiolieri
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Qui un approfondimento curato con maggiore competenza: https://aspoitalia.wordpress.com/2016/01/04/inquinamento-tutti-i-banditi-e-i-mandanti/#more-2847
Certamente c’è un intento di distrazione dell’opinione pubblica dai problemi più gravi, ma l’inquinamento atmosferico è una realtà complessa e la combustione all’aperto di residui vegetali nelle realtà rurali contribuisce non poco. Soffrendo di problemi respiratori cronici, sono io stesso una centralina ambulante; aspettare l’autobus in Via Guido Monaco nelle ore di punta mi fa sentire male dopo soli dieci minuti, ma le peggiori crisi respiratore mai avute sono state a Trevi (PG) in una fredda sera di marzo, con tutte le case riscaldate a legna, e a Montale-Agliana FS il pomeriggio del 4 novembre scorso, a riscaldamenti ancora spenti, quando tanti vivaisti simultaneamente hanno smaltito residui vegetali con fuochi all’aperto, sottovalutando l’inversione termica che ha schiacciato i fumi al suolo. Ho chiamato il 1515 della Forestale per inviare una pattuglia sul posto, dato che lo smaltimento di oltre tre metri steri per volta da parte di imprese è penalmente perseguibile; purtroppo, i mucchi si inceneriscono in fretta e le prove svaniscono; la segnalazione ha avuto però effetto deterrente, così il fenomeno non si è ripetuto nei giorni seguenti e dopo un giorno d’aria ancora puzzolente, la situazione è migliorata il terzo giorno. A riprova dell’accaduto, visitate la pagina http://www.arpat.toscana.it/temi-ambientali/aria/qualita-aria/bollettini/index/regionale/04-11-2015 con PM10 a 53, scese a 50 e 36, mentre le centraline pratesi sensibili al traffico (Roma e Ferrucci) registravano rispettivamente 42-45, 40-41 e 40-44. Interpreto così questi dati: il traffico da solo inquina poco sotto il limite dello sforamento, che avviene, a parità di condizioni atmosferiche, quando i riscaldamenti urbani sono accesi a pieno regime. A Montale, quando gli agricoltori si comportano bene, c’è un inquinamento di fondo inquietante per un’area rurale, non dovuto al riscaldamento (4, 5 e 6 novembre erano giornate tiepide e soleggiate), la cui fonte è facilmente immaginabile; se ci si aggiungono anche gli agricoltori indisciplinati, si supera la soglia. Nel 2012 ordinanze comunali vietarono la combustione di residui vegetali all’aperto, ma esse furono ritirate su pressione di Coldiretti, senza concludere la sperimentazione il 31 marzo e dunque poter accertare l’efficacia della misura http://www.lavocedipistoia.it/a719-coldiretti-fuochi-all-aperto-ok-pistoia-ora-anche-altri-comuni-della-piana-rimuovano-divieto.html Ogni soggetto economico pare volersi sfilare dalle sue responsabilità…
Trovo molto interessante l’articolo, che conferma le mie percezioni fisio-patologiche (es. Trevi in una fredda sera di marzo). Poiché le soluzioni al problema per essere efficaci vanno adottate differenziando in base a ciascuna situazione, mi par di capire che in città quasi completamente metanizzate a poco servirebbe ridurre l’orario d’accensione e la temperatura dei riscaldamenti, mentre molto più incisive su polveri sottili e ossidi d’azoto sarebbero le limitazioni al traffico.
In ambiente rurale si renderebbe necessario ridurre le combustioni di materiali legnosi, anche se credo che ci siano differenze qualitative dipendenti sia dagli apparecchi di combustione (caldaie moderne ad alta temperatura meglio dei caminetti rustici) sia dai combustibili, con il peggio costituito da eterogenei residui vegetali dell’agricoltura non ben seccati bruciati all’aperto.
Resto perplesso a proposito dei COVNM, possibile mai che i balsamici effluvii delle conifere, così efficaci sulle mie patologie, vadano accomunati con potenti inquinanti? Non c’è differenza qualitativa?
Infine mi si permetta di notare una piccola ingenuità: tra i fattori naturali si includono gli incendi; quelli boschivi sono reati colposi o dolosi al 98-99%, per niente naturali…