Ogni minuto, nel mondo, avvengono più di due morti per suicidio. Gli studi internazionali evidenziano il fatto che il comportamento suicidario è un fenomeno complesso dovuto a cause biologiche, culturali, psicologiche, contestuali che possono influenzare il rischio di suicidio.
I dati dell’epidemiologia sociale mostrano un quadro preoccupante, in cui infelicità e depressione sono concentrate in società caratterizzate da grandi disuguaglianze e da valori superficiali competitivi, in cui risulta più evidente il rischio di suicidi per motivi economici.
Le relazioni di lavoro, grazie anche alle varie riforme del settore, sono sempre più a empatia zero: si trattano le persone come fossero semplici oggetti da sfruttare. Una delle peggiori cose che si possano fare ad un altro essere umano, è ignorarne la soggettività, le condizioni di vita disperate, calpestarne la dignità. Ma anche gli imprenditori si suicidano e non solo nel Nord est d’Italia.
‘La dignità è più importante della vita’, ha lasciato scritto un collega del capo della Fca (già Fiat) di Pomigliano-Nola, fabbrica diventata tristemente famosa per i suicidi di tre lavoratori licenziati, per il legame fra cassintegrazione e suicidio. Per questo nesso di casualità a Nola la frequenza dei suicidi è circa 100 volte più alta della media nazionale.
In Italia si contano circa 4000 suicidi l’anno, quanti saranno quelli causati direttamente o indirettamente dai licenziamenti, dalla cassaintegrazione, dalla precarietà, dalla crisi?
Le disuguaglianze socioeconomiche ed i meccanismi di violenza strutturale, prodotti dalle politiche liberiste, si accaniscono sui più poveri. La violenza strutturale di questa società rende del tutto naturale la povertà, la malattia, la fame e la morte prematura, nascondendone le origini sociali e politiche e dandone la responsabilità agli stessi poveri. La perdita della casa, del lavoro, della speranza, delle opportunità, della storia di vita immaginata, porta come diretta conseguenza una menomazione sociale, emotiva, intellettuale, da cui malattie, disabilità che possono sfociare anche in gesti estremi.
D’altra parte è molto in voga la falsa ideologia della scienza della felicità, una forma subalterna al capitalismo, di controllo sociale, di marketing farmaceutico, che finisce con l’incolpare le persone della loro infelicità, ignorando il contesto che le porta ad ammalarsi e poi all’estremo a suicidarsi. E di questo è responsabile la politica che ha ulteriormente indebolito la relazione dei lavoratori coi datori di lavoro.
Il suicidio è una delle cause di morte che più di ogni altra potrebbe essere prevenuta, specie quello dovuto alle disuguaglianze socioeconomiche, ai licenziamenti, alla cassaintegrazione. Certo, in un’altra società.
*Gian Luca Garetti
Gian Luca Garetti
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