Le case impopolari/2 – I numeri di Nardella, ovvero Nardella dà i numeri

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Sorprendente Nardella. Il problema delle case popolari sono i “troppi immigrati” inseriti in graduatoria o che già beneficiano dell’alloggio, perché, come ha affermato a Lady Radio il 2 marzo scorso:

finiamo per avere due terzi di immigrati e un terzo di italiani. Così non funziona, lo dico da politico di sinistra, perché significa trasformare i nostri complessi immobiliari in ghetti.

Il sindaco Nardella acclamato dai consiglieri di Forza Italia

A parte il fatto che oggi l’usanza di dirsi di “sinistra” per fare cose di destra è prassi consolidata, a parte anche il fatto che nessun assegnatario si sceglie la casa popolare dove abitare ma gli viene assegnata dagli stessi uffici competenti del sindaco, il “salto di qualità” nelle sue esternazioni sta in quei “due terzi” di immigrati a fronte di “un terzo” di italiani. Ce l’ha con la Regione, il Nardella, e proprio l’assessore regionale alla casa, Vincenzo Ceccarelli, è costretto a ricordargli che solo poco più dell’8 per cento di alloggi popolari vengono assegnati a famiglie immigrate. Altro che “due terzi”.

Ma il sindaco non si ferma qui:

Il vincolo dei 5 anni di residenza è troppo poco, bisogna aumentarlo. Io sono perché si aumenti e la Regione Toscana deve battere un colpo su questo, altrimenti, ripeto, noi trasformeremo i nostri complessi per l’edilizia popolare, in ghetti […]  Non so il tetto previsto dalla legge nazionale, ma credo si possa arrivare a 10 anni. Vuoi avere un alloggio popolare? Bene, devi essere residente da almeno 10 anni in Italia

E poi la perla finale

Tu, famiglia rom, non mandi il figlio a scuola, allora devi esseri punito e tra la punizione ti levo anche la casa. Non è una questione di razzismo, io combatto il razzismo, ma di civiltà

Quindi, il minore che “non viene mandato a scuola” finisce per strada, con la famiglia, per una questione di “civiltà”. Nel mondo nardelliano le leggi, pardòn “le punizioni”, se le inventa lui, rilanciando sul terreno del populismo a la pàge

Esistono i servizi sociali ed educativi che si prendono in carico la famiglia, con il sostegno genitoriale, per supportarli nelle scelte e nelle difficoltà. Certo, non tutti questi servizi sono propriamente all’altezza, ma una dichiarazione di questo tipo spazza via anni di timido welfare, pur con i suoi limiti.

La proposta poi di portare a 10 anni di residenza il requisito per accedere ai bandi delle case popolari è la stessa della Lega Nord, espressa dal consigliere regionale Jacopo Alberti. Il “caso” che avrebbe alimentato la deriva paraleghista del sindaco – che fra gli esponenti del PD arriva secondo, dopo il Cioni dei regolamenti anti-rom e anti-accattoni del 2007 per i quali ricevette dalla Lega l’invito esplicito ad iscriversi – sarebbe quello di un palazzo in via Toscanini, a grande maggioranza di inquilini immigrati. Supponendo che questo sia all’origine di tutta una serie di possibili problematiche di convivenza, resta la domanda: chi ha fatto quelle assegnazioni così dislocate? Magari, riflettendo, si comprende che forse il problema vero sono quel paio di centinaia o poco più di alloggi assegnati ogni anno, a fronte di quasi tre migliaia di persone in graduatoria. Che magari le ristrutturazioni dei “complessi immobiliari” pubblici più volte annunciate stentano tristemente ad avere un senso. Che i project financing che regalano ettari edificabili ai costruttori rendono zero in termini di benefici con la cosiddetta locazione “calmierata”, essendo veri e propri “pacchi” per gli inquilini assegnatari. Che svendere case popolari a beneficio della speculazione immobiliare restringe la capacità di assorbire i bisogni e le necessità di chi attende da anni un’assegnazione.

Di fatto, pare tutta una fuffa propagandistica. Si rincorrono temi xenofobi facendo finta di non farlo. Si gioca a fare il cattivo con le vite umane, mentre si celebra ipocritamente il “dialogo fra culture diverse”. O forse, semplicemente, si esce allo scoperto mostrando la vera natura, sdoganati dall’indecente e discriminatorio decreto Minniti da poco in vigore.

Alla fine, nel nuovo testo unico approvato dalla Regione Toscana, per le assegnazioni delle case popolari il requisito dei 5 anni di residenza dei migranti rimane tale. Il mondo nardelliano per ora rimane tutto nei sogni di Nardella. Ma tutto questo la dice lunga sull’aria che tira e su cosa dovremo aspettarci.

*Alessandro De Angelis

 

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Alessandro De Angeli

Alessandro De Angeli è nato nel 1962 a Firenze. Da sempre interessato dalle questioni che riguardano il welfare, le nuove povertà e la precarietà prodotte dal sistema di sviluppo imperante, nel 1994 è tra i fondatori del giornale di strada dei senza dimora Fuori Binario, di cui è direttore responsabile fino al 2001. Impegnato professionalmente dal 1992 al 2004 nella cooperazione sociale, dal 2005 si occupa di servizi al lavoro presso i servizi istituzionali al lavoro, con particolare competenza per le fasce deboli, le categorie protette e le condizioni di svantaggio sociale.

Crede fermamente nell'inchiesta sociale e nella controinformazione come mezzi necessari ed indispensabili per contribuire al cambiamento.

1 commento su “Le case impopolari/2 – I numeri di Nardella, ovvero Nardella dà i numeri”

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