2010-01-24 21:21:48
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<p style="margin-bottom: 0cm;">[Il Manifesto, 24/01/2010]</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Ancora una volta i media sembrano stupirsi perché gli «indiani della Val Susa» (uomini, donne, bambini, vecchi, famiglie intere) sono tornati a decine di migliaia nelle loro strade, nei loro prati, nelle loro piazze per dire no alla Tav. Come venti anni fa; come ogni volta in cui è stato necessario. Come allora e più di allora. Nonostante il passare degli anni e nonostante la discesa in campo in favore dell’Alta velocità del Governo centrale, della Regione, della Provincia, del Comune di Torino, della maggioranza e della opposizione (con poche eccezioni), dei maggiori centri di potere economico, di tutta la grande stampa e via elencando (senza dimenticare gli interventi di polizia a tutela dell’«ordine pubblico»). Eppure, sinora, Davide ha fermato Golia. È un fatto importante intorno a cui occorre creare consenso, aggregazione, mobilitazione ulteriore. Ci provo con una piccola riflessione (da piemontese di altre valli, valsusino di adozione). La Val Susa è una valle bellissima che l’uomo ha gravemente ferito: nei luoghi dove dovrebbe iniziare il traforo ferroviario (di oltre 50 chilometri!) già corrono due strade nazionali, un’autostrada e una ferrovia, tutte destinate a restare anche in caso di realizzazione della Tav: pensate cosa vuol dire una valle (abbastanza stretta, com’è, in genere, delle valli) attraversata da cinque arterie di grande percorrenza. Aggiungo: questa valle è – secondo la denuncia del coordinamento deimedici di base che vi operano – tra le zone d’Italia con maggior concentrazione di tumori e di patologie connesse con l’amianto e l’uranio (presenti in misura significativa nelle montagne che si vorrebbero scavare). No! i valsusini (e chi, per fortuna, sta con loro) non sono né luddisti contrari al progresso né marginali disinteressati allo sviluppo e al benessere del Paese. Sono gente di campagna (nella bassa valle) e dimontagna (un po’ più in alto) che conosce la propria terra e sa che la natura, violentata, reagisce (Beppe Fenoglio, grande scrittore di Langa, commentando un’alluvione del Tanaro, dovuta agli interventi dell’uomo, scrisse come solo un poeta può dire: «e il fiume si arrabbiò e fu peggio dei tedeschi e dei fascisti!»). Attenti, quel che la gente della valle oggi sente, sta scritto nella nostra Costituzione, che pone, nell’interesse generale, limiti alla proprietà privata e all’attività economica anche pubblica, ma non al diritto alla salute, che è diritto assoluto. Il benessere di molti – se anche di questo si trattasse… – non può fondarsi sulla violazione del diritto alla salute di alcuni. Non è una aspirazione politica, ma un principio di diritto, uno di quei principi che sta scritto in Costituzione ed è sottratto alla disponibilità delle maggioranze contingenti (sia detto a beneficio chi si sciacqua la bocca con il termine «legalità »…). Certo, occorre accertare se davvero è in pericolo la salute (la vita) dei valsusini e dei loro figli. Ma, appunto, occorre accertarlo; e non dire, come hanno fatto sinora il governo e la regione: lo accerteremo, ma intanto cominciamo i lavori. Strana pretesa di dialogo quella di chi ha già deciso che l’opera si deve comunque fare e semplicemente vuole addolcire la pillola avvelenata! Il dialogo, se vuole essere tale, deve verificare anche la possibilità di uno scenario diverso, che tenga conto delle richieste di tutti gli interessai. E invece prevalgono l’arroganza e la predicazione ossessiva di una realtà virtuale che assai poco ha a che vedere con quella vera («l’opera serve, non è sostituibile, sarà fonte di sviluppo… »). Realtà virtuale, ho detto, e non a caso. La corrispondenza del progetto della Tav a un interesse generale (contrapposto a un preteso «egoismo particolare» dei valsusini) è, infatti, indimostrata: nella mancanza di alternative meno devastanti, nella effettiva utilità dell’opera una volta conclusa (fra qualche decennio e, dunque, in una situazione economica e in un sistema di trasporti assolutamente imprevedibile), nel rapporto costi/ benefici, nella stessa disponibilità dei fondi necessari (nonostante l’allegra spensieratezza del ministro «competente » secondo il quale i soldi si trovano strada facendo…). Su tutto questo i sostenitori del progetto di Alta velocità continuano a eludere un discorso serio. Anche per questo io sto con Davide.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">di Livio Pepino

Redazione

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