La Città invisibile aprirà, a partire dal prossimo numero, una rubrica dedicata alla cultura e alla sua attuale gestione. Ma cosa si intende qui con questa fatidica parola che serve a tutto, anche, solo per fare un esempio, a non pagare il suolo pubblico? Si intende quel bene cui tutti hanno diritto in maniera egualitaria per sviluppare il proprio spirito, al fine di far crescere una società più giusta e consapevole. Perciò, innanzitutto, alla cultura non si ha accesso tramite il denaro, né tramite posizioni di favore, di potere o di criteri in qualunque modo selettivi. Per diffondere e difendere questa idea della cultura nasce la nostra rubrica.
Diciamo poi che la cultura di cui si parla qui non è una questione teorica, che non tocca la nostra pratica esistenza quotidiana: al contrario è un potentissimo strumento politico che può determinare le sorti di un paese e quindi di tutti noi. Solo una società colta sarà in grado di esercitare la sua libera capacità di critica e quindi di influire sulle scelte che riguardano il proprio futuro. In tale ottica diventa imprescindibile prestare attenzione alla qualità della cultura diffusa e alle conseguenze che da essa possono derivare, perché, come attraverso un cibo inquinato, attraverso una falsa cultura si nutre un paese di veleni.
La cultura non pone confini al suo orizzonte nel tempo e nello spazio. Guarda alla storia in tutte le sue manifestazioni, non per accumulare conoscenze, ma per affinare la memoria e leggere con lucidità gli eventi contemporanei: la storia che ci interessa è infatti quella radicata nel presente, perché ciò che vogliamo è conservare il passato ma ancor più produrre il futuro, senza il quale il passato non conta. Guarda anche alle storie e alle culture che si sono sviluppate altrove e che con noi nel presente si mescolano e convivono, avendo contenuti (non natura e finalità) diversi dalla nostra. E guarda anche alle nuove frontiere che si si fanno strada con ritmi sempre più serrati, grazie al mutare delle tecniche e dei sistemi logici e relazionali, ma senza appiattirsi sullo “svago” fine a se stesso (per quanto anch’esso momento legittimo e anzi indispensabile), perché sempre e comunque richiede a chi vuole accedervi uno sforzo di attenzione e di intelligenza, sostenuto dalla disponibilità ad assimilare il nuovo e l’altro da sé.
Ciò che ha spinto ad aprire questa rubrica, infine, non è stata solo la costatazione dell’importanza della cultura e del ruolo che ricopre, ma anche il dibattito che si sta attivando intorno ai problemi ad essa connessi, in particolare in relazione alla crisi economica e al conseguente pressante – quanto inquietante – bisogno dello Stato e degli Enti locali di fare cassa con un patrimonio culturale che appartiene alla collettività e che non deve esserle espropriato.

Franca Falletti

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