Smantellamento del regime di non proliferazione nucleare?

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La gente si sta “svegliando” ora rispetto al rischio incombente di una guerra nucleare, che gli organi nostrani di (dis)informazione hanno tenuto celato per più di due decenni, dopo avere diffuso nell’opinione pubblica la convinzione che dopo il crollo dell’URSS queste armi ormai non fossero più un problema: ho molti colleghi, intellettuali, non certo disinformati, che si stupiscono quando gli dico che il rischio delle armi nucleari non è mai scomparso.

Ulteriore paradosso: il rischio oggi viene agitato attribuendolo a quelle teste calde della Corea del Nord, mentre è estremamente più grave e pericoloso il progetto, coltivato dall’amministrazione del “Nobel per la Pace” Obama, di portare gli Stati Uniti nella condizione di sferrare un first stike alla Russia potenzialmente capace di decapitare le sue forze nucleari. Ma andiamo con ordine. Partiamo da un primo punto.

Gli armamenti nucleari hanno purtroppo come unica “regolamentazione” internazionale il cosiddetto “Regime di Non Proliferazione”. Una regolamentazione assai debole, che non offre nessuna garanzia di evitare una spaventosa guerra nucleare che cancellerebbe la società civile (o incivile) quale noi la conosciamo: gli stati nucleari (USA, Russia, Francia, UK, Israele, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord) decidono a loro piacimento di utilizzare questa enorme potenza distruttiva, come deterrente per scoraggiare gli altri da un attacco, come minaccia coercitiva verso altri stati, e nell’ipotesi più deprecabile potrebbero decidere di usarla senza nessun preavviso!

Ormai si sa perfettamente che anche lo scambio di un numero limitato di testate provocherebbe, oltre ad immani costi di vite umane ed economici, sconvolgimenti ambientali e un “inverno nucleare” di dimensioni colossali, tale da mettere a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano! Oggi esistono trattati internazionali che mettono al bando armi inumane, quelle chimiche e batteriologiche, le mine, il cui uso è considerato dalla comunità internazionale come crimine verso l’umanità: nulla di simile esiste invece per gli armamenti nucleari.

 

Il numero totale di testate comprende quelle schierate operative, più quelle negli arsenali di riserva, che non sono mantenute nello stato operativo ma sono conservate intatte (mantenere le testate nello stato operativo comporta operazioni estremamente complesse e costose). In più vanno contati gli arsenali nucleari degli altri stati, che ammontano oggi a quasi 1.000, dopo lo sviluppo degli arsenali di India e Pakistan.

Per le armi nucleari esiste solo un generico Regime di Non Proliferazione Nucleare, che si basa su poche fragili cose:

– il Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1970, che non arrestò affatto la proliferazione (la consistenza degli arsenali aumentò da 40.000 testate al livello ancora più demenziale di circa 70.000 verso il 1985; il numero di Stati nucleari proliferò da 6 a 10, includendo il Sudafrica che poi smantellò il proprio arsenale; il numero di stati in grado di sviluppare la bomba atomica aumentò);

– l’ultimo Trattato di Riduzione delle Armi Nucleari Strategiche (Nuovo START) del 2010, tra la Russia e gli Stati Uniti, che fissava un limite di 1.550 testate strategiche operative per parte (oggi sono rispettivamente circa 1.900 e 1.650), e di 700 vettori nucleari operativi per l’anno 2017! Il trattato scade nel 2021. Oggi vi sono ancora nel mondo quasi 15.000 testate nucleari intatte, il Nuovo START riguarda solo le testate operative, che sono ancora circa 4.500! La somma degli arsenali di Francia, UK, Cina, Israele, India, Pakistan e Nord Corea ammonta a quasi 1.000 testate.

Gli accordi di riduzione delle armi nucleari sembravano preludere a una loro futura, per quanto remota, eliminazione totale (che lascerebbe comunque centinaia di tonnellate di plutonio e uranio altamente arricchito, buoni solo per fare bombe!). Senonché TUTTI gli Stati nucleari hanno stanziato colossali finanziamenti per programmi di “modernizzazione” degli armamenti nucleari (testate, sommergibili, missili, aerei, ecc.) almeno fino alla metà del secolo (gli USA un trilione di $ per 30 anni): il che la dice lunga sulla loro reale volontà di disfarsene! I media statunitensi agitano il pericolo di strabilianti innovazioni militari di Mosca che metterebbero seriamente a rischio la loro sicurezza: cosa che appare per lo meno poco credibile se solo si pensa che la spesa militare degli USA è circa 10 volte maggiore di quella russa.

Questi programmi mascherano in realtà la realizzazione di armi nucleari nuove! Si prospetta quindi una situazione nella quale i limiti quantitativi imposti dallo START vengano rispettati, o si giunga anche a riduzioni maggiori (il Pentagono dichiara che potrebbe ridurre il proprio arsenale di un terzo senza compromettere la sicurezza: la manutenzione delle armi nucleari è un processo complesso e costoso): ma la realizzazione di armi nuove stravolga radicalmente la situazione. I programmi di “modernizzazione” non parlano ovviamente di armi nuove, ma di estensione della vita delle testate nucleari, riutilizzo di componenti da testate diverse, sostituzione di componenti nucleari, “apparentemente” tecnologie non nuove: ma alla fine, con qualche trucco, ecco un’arma con capacità distruttiva ed efficienza militare notevolmente potenziate. Uno dei maggiori esperti di armamenti nucleari, Hans Kristensen, dell’American Federation of Scientists (FAS), commentava già nel 2010:

“dal mio punto di vista [la sostituzione di componenti da testate diverse e non necessariamente nell’arsenale attuale] secondo la mia definizione costituirebbe una ‘nuova’ testata”.

Ecco due esempi significativi.

Uno è il Life Extension Program, che “userà solo componenti nucleari basate su progetti testati in precedenza, e non sosterrà nuove missioni militari o nuove capacità militari”. Proprio qui si cela l’inganno. Con questo programma si stanno “modificando”, con una spesa di circa 10 miliardi di $, le testate termonucleari a gravità B-61 schierate in Europa su bombardieri statunitensi, ma anche di molti paesi della NATO, tra i quali l’Italia: combinando parti di tre tipi esistenti di B-61, ed inserendo innovazioni sostanziali ma non nucleari, si otterrà la B-61-12, che avrà quattro opzioni di potenza selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire, sarà dotata di alette di guida di coda che consentiranno una precisione molto superiore su bersagli che altrimenti richiederebbero potenze esplosive maggiori, avrà la capacità di penetrare nel terreno per distruggere i bunker dei centri di comando. Sarà una testata progettata per poterla usare in situazioni di combattimento reale!

Un altro risultato estremamente inquietante ottenuto nel programma di life extension degli enormi laboratori statunitensi dedicati agli armamenti nucleari è lo sviluppo di una “super-spoletta” – quindi un dispositivo non nucleare – che triplicherà la precisione, le capacità offensive, la letalità, delle testate dei missili balistici della marina USA schierati sui sommergibili: in parole povere, come se ne triplicasse il numero (ma il paragone non è realmente appropriato, perché quella che aumenta è la capacità della testata del missile di essere innescata sempre ad una distanza dall’obiettivo tale da investilo con l’intera potenza esplosiva). Prima dell’invenzione di questo nuovo meccanismo di innesco anche le testate dei missili balistici più precisi potevano passare sul bersaglio e detonare troppo lontano per distruggerlo, mentre la nuova super-spoletta è progettata in modo da detonare sul bersaglio, a distanza molto più ravvicinata.

Per quanto possa apparire incredibile, gli Stati Uniti stanno progettando (sia chiaro, sotto l’amministrazione del “Premio Nobel per la Pace” Obama) le possibilità di un first strike capace di decapitare il complesso missilistico russo basato a terra. È vero che i sommergibili nucleari sfuggirebbero a questo attacco e lancerebbero la ritorsione nucleare sugli USA, ma gli esperti della FAS valutano che il futuro potenziamento delle difese antimissile statunitensi avrebbe la capacità potenziale di abbattere tutti missili di questa ritorsione. Questa valutazione appare comunque problematica, perché Mosca ha sicuramente montato sui missili oltre alle testate vere innumerevoli esche e false testate per ingannare e saturare le difese missilistiche. Ma i calcoli dei militari sono sempre ottimistici, basati su una fiducia cieca nelle loro armi: basterebbe qualche che testata sfuggisse alle difese missilistiche per provocare negli USA decine di migliaia di morti e distruzioni immani!

Occorre ribadirlo, è pura follia pensare di poter vincere una guerra nucleare, TUTTI perderebbero (e perderemmo).

Queste sostanziali “modernizzazioni” fanno pensare che il regime di non proliferazione faticosamente costruito nei decenni passati, dopo la fine della Guerra Fredda possa essere praticamente morto.

Ma purtroppo ancora non è tutto: in realtà il primo trattato di riduzione delle armi nucleari fu il Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF) del 1987, che pose fine alla “crisi degli Euromissili” imponendo il ritiro di tutte le testate nucleari statunitensi e sovietiche schierate in Europa su missili a medio e corto raggio. Da vari anni Washington e Mosca si scambiano accuse reciproche di violare le prescrizioni del trattato INF. Ci sarebbe da osservare anche che il cosiddetto “ammodernamento” delle testate tattiche B-61-12, anche se formalmente non viola il trattato perché non si tratta di tesate montate su missili a medio raggio, è un potenziamento sostanziale delle capacità nucleari degli USA e della NATO in Europa. Ci sembra superfluo richiamare l’escalation di tensioni in cui il problema si inquadra: la crisi ucraina, l’accerchiamento della Russia da parte della NATO, l’annessione della Crimea, l’intervento di Mosca nella crisi siriana, nonché lo schieramento sempre più minaccioso del sistema di difese antimissile da parte degli Stati Uniti. Sta di fatto che anche questo mattone fondamentale del regime di non proliferazione e dell’equilibro strategico rischia seriamente di saltare! Tre senatori statunitensi hanno già proposto che gli USA sviluppino proprie armi proibite dal trattato.

Vi sarebbe poi ancora un capitolo, molto più complesso (e non del tutto trasparente) sui progetti per realizzare armi nucleari di concezione radicalmente nuova, che porrebbero chiaramente la sfida su un piano che non rientrerebbe in nessun trattato esistente.

Per tutti questi motivi è più che mai necessario rafforzare ed estendere la sensibilizzazione e la mobilitazione della società civile che si è sviluppata nell’ultimo decennio in tutto il mondo, e convergere sul negoziato promosso dall’ONU e tuttora in corso, per giungere ad un trattato di messa al bando delle armi nucleari come componente fondamentale del diritto internazionale. Gli Stati nucleari e quelli della NATO hanno boicottato il negoziato, ma proprio per questo dobbiamo intensificare la pressione sul governo perché partecipi alla sessione finale dell’estate e contribuisca al suo successo.

*Angelo Baracca

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Angelo Baracca

Già Professore di Fisica all'Universita di Firenze, è specializzato nelle tematiche legate al nucleare civile e militare, e ha pubblicato più di 100 articoli su questi temi in riviste internazionali e nazionali,oltre a vari manuali didattici e saggi. Fin dagli anni ’70 partecipa al movimento antinucleare ed ecopacifista, nel 1999 promotore del Comitato Scienziate/i Contro la Guerra. Sui temi dell'energia nucleare, armamenti nucleari e disarmo ha pubblicato: “A Volte Ritornano. Il Nucleare” (2005) e “L’Italia Torna al Nucleare?” (2008). Ha collaborato con Università e Centri di Ricerca in Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Cuba, Argentina.

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