Fermiamo questa PAC (Politica Agricola Comune)

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Ormai viviamo in un mondo con distorsioni strutturali di percezione, nel quale ci riesce difficile non solo mettere insieme, connettere con dei fili logici, i diversi problemi, le diverse informazioni che ci arrivano, inserendole in un discorso di causa-effetto, ma abbiamo anche un’enorme difficoltà a capirne l’ordine di grandezza, a metterle in una gerarchia di rilevanza in base al loro impatto reale sulla realtà fisica, materiale, non su quella effimera del web e della comunicazione.

Per questo succede che in Europa si discuta di Agricoltura e che nel nostro Paese il tutto passi sotto silenzio o quasi, non fosse per il tentativo sempre generosissimo del mondo ecologista, di Fridays for Future, di Exctinction Rebellion, di Greenpeace, del Wwf, di rompere il silenzio ovattato dell’indifferenza, dell’ignoranza generalizzata.

Eppure l’agricoltura oggi è uno snodo gigantesco per il presente e il futuro del nostro Paese, e del nostro mondo. Si parla di una realtà che ha a che vedere con le emissioni climalteranti, quelle che dobbiamo per forza ridurre almeno del 55% – entro il 2030 – rispetto al livello del 1990 (e non basterà). Che ha a che vedere con la tutela del territorio dalle frane, con lo spopolamento dell’entroterra, di paesi e campagne, con la chimica, con l’industria farmaceutica, con l’inquinamento delle acque, con la biodiversità.

L’Ipbes, la piattaforma sulla biodiversità dell’Onu, ci dice che le varietà agricole hanno perso, in natura, più biodiversità rispetto ad ogni altra tipologia di esseri viventi: il 75%. Perché l’agricoltura e l’allevamento industriale hanno selezionato e omologato le varietà alla logica dell’efficienza economica, scegliendo con criteri puramente commerciali quali varietà far riprodurre, abbandonando tutte le altre meno redditizie. E poi l’agricoltura ha a che vedere con i giovani, perché per tante e tanti, con una coscienza e una consapevolezza nuova, rispetto alle passate generazioni, la scelta dell’agricoltura diventa, oltre che lavoro, anche dimensione esistenziale, di socialità e socializzazione “altra”. Pensiamo sui nostri territori alla bella realtà di Mondeggi.

La Politica agricola comunitaria riguarderà quasi un terzo del budget dell’Unione, per il periodo 2021-2027, e in passato ha avuto un peso ancora maggiore: comunque si parla di oltre 350 miliardi nei prossimi sette anni. E il fatto che questi soldi vadano, di nuovo, a pioggia, a foraggiare i soliti noti, con una spartizione della torta in proporzione sostanzialmente alle dimensioni aziendali, al peso politico dei paesi membri ecc, o vadano prioritariamente a sostenere scelte virtuose, ingresso dei giovani, conversione al biologico, agricoltura marginale a tutela dei territori, iniziative per preservare la biodiversità, può avere un deciso impatto sul nostro comune futuro, e anche, come hanno detto a gran voce le associazioni ambientaliste, e il movimento dei Fridays e di Exctinction, sulla credibilità dell’intero green new deal, e la sua realistica possibilità di centrare davvero gli obiettivi di Parigi.

Da questo punto di vista, la Commissione Europea, aveva dato alcuni segnali incoraggianti. La proposta presentata nel 2018 dalla precedente Commissione, ma confermata dalla nuova Commissione Von der Leyen, sembrava andare nella giusta direzione. Non solo: la stessa Commissione, aveva poi successivamente licenziato, il Green Deal, e le due “Strategie”, della Biodiversità, e “From farm to fork”, dal campo alla forchetta, per la tracciabilità e la garanzia della filiera. Semmai ci si aspettava quindi un aggiustamento al rialzo, delle ambizioni della Pac, rispetto a quanto partorito nel 2018, in coerenza con i suddetti provvedimenti emessi successivamente. Invece è avvenuto il contrario: il Consiglio d’Europa (l’assemblea dei 27 stati membri, dove la nostra Teresa Bellanova non ha fatto mistero di aver portato gli interessi della grandi aziende) e il Parlamento Europeo – con l’accordo tra i tre gruppi dei socialisti democratici (in Italia, il Pd), dei Popolari (Forza Italia), dei liberali (Italia Viva e Più Europa), che hanno messo in minoranza i Verdi e la sinistra – hanno abbassato di parecchio le ambizioni rispetto alla proposta della Commissione, provocando la protesta e la delusione del mondo ambientalista, ma anche lo sconcerto della Commissione stessa, con il Commissario all’Agricoltura che si è spinto a dire, che la nuova Pac come uscita dal parlamento europeo, non è coerente col green new deal. Sono stati ripristinati persino, senza più alcuna previsione di riduzione, neppure graduale, i finanziamenti agli allevamenti intensivi, che sono il non plus ultra, delle emissioni climalteranti. Ammorbidite le già minimali previsioni di abbattimento dell’uso di fertilizzanti e antibiotici.

E’ importante però dire che non è ancora finita. Dopo che si sono espressi i tre organismi dell’Unione, Parlamento, Commissione, Consiglio, ora inizia la discussione a tre, per arrivare ad una sintesi. E la discussione durerà mesi, probabilmente più di un anno.

Quindi sarà importante aderire e sostenere tutte le iniziative messe in campo dalla società civile, per chiedere di ritirare questa Pac, e di tornare su una strada più coerente con gli obiettivi di transizione ecologica. A questo proposito si possono seguire le prese di posizione della “Coalizione Cambiamo Agricoltura”, e la campagna europea “Withdraw the cap”, al link https://www.facebook.com/fffitalia/photos/gm.677843436463877/807927380006484/ .
La sfida è necessariamente portare attenzione su un tema fino ad adesso passato sotto silenzio.
Solo la pressione dei cittadini, può sperare di indurre la politica a non essere del tutto supina ai voleri delle grandi Lobbies.
*Mauro Romanelli
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Mauro Romanelli

Biologo, ambientalista, presidente associazione ecolobby

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