Livorno: il Comune distrugge la “Palladiana”, e un pezzo di storia

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La “Palladiana” è la pavimentazione di una Via Grande risorta dalla guerra e dai bombardamenti (per realizzarla furono utilizzati anche scarti di marmo e pietre provenienti dalle opere di ricostruzione).

Un chilometro e mezzo lineare da est a ovest, che innerva (meglio dire innervava) la via principale della città, coperta da lunghi porticati moderni e in qualche caso purtroppo già cadenti.

Anche la Palladiana, dopo tanti anni, qua e là mostrava tracce di cedimenti ed è per questo che un paio di Amministrazioni precedenti avevano deciso di intervenire. L’ultima, confermata poi nelle urne nel giugno scorso, il bando l’ha fatto veramente e a distanza di quasi un anno dall’inizio dei lavori i risultati già si vedono.

Il problema è che, a differenza di quello che in molti auspicavano, il progetto vincente (Ipostudio di Firenze, come l’Assessora all’urbanistica Silvia Viviani) prevedeva la totale sostituzione della pavimentazione, anche nei molti siti in cui la stessa si presentava in perfetto stato di conservazione.

Questa è stata infatti la curiosa interpretazione dell’indicazione formulata da un bando forse un po’ distratto, che ricorrendo ad un ossimoro incomprensibile richiedeva il “restauro non filologico” della Palladiana stessa.

Non che siano mancate le aspre critiche, gli esposti e gli attacchi diretti a Sindaco e Giunta uscente (si era, pensate un po’, in pieno periodo pre-elettorale), sia da parte delle forze di opposizione che ad opera di vari critici d’arte ed esperti di urbanistica, i quali contestavano da un lato la necessità di rimuovere anche le tante parti non ammalorate, dall’altra il conseguente spreco di denari pubblici e la discutibile qualità estetica del progetto.

Nonché il rischio che materiali così diversi (cemento, resina, travertino) potessero deteriorarsi rapidamente, date le sollecitazioni del calpestio e le notevoli escursioni termiche. Eventi che purtroppo sembrano già iniziare a manifestarsi nei primi tratti realizzati qualche mese fa.

Ma il sacrificio della storia livornese non si ferma qui, anche a livello simbolico.

A me la vecchia palladiana ha sempre fatto venire in mente una delle tematiche più ricorrenti delle litografie e xilografie di Maurits Cornelis Esher, la “divisione del piano”. O meglio, (invertendo la prospettiva) in che modo forme e figure diverse si integrano completamente per COSTITUIRE un insieme coerente, senza lasciare spazi.

È questa anche la filosofia della vecchia pavimentazione, la cui tecnica di posa fu quella antichissima dell’ “opus incertum“, secondo la quale le componenti del mosaico vengono affiancate e interconnesse di volta in volta, a seconda delle loro concavità e convessità. Ne deriva un’unica superficie organica, in cui la diversità di ogni “tassello” è condizione stessa dell’incastro successivo.

Provate un po’ a ricercare questo approccio nella nuova pavimentazione. Tredici triangoli, isolati fra loro, che si ripetono tutti uguali, lastrone dopo lastrone. Non è solo una pavimentazione brutta e secondo molti dozzinale (oltre che fragile benché dispendiosa, a quanto pare). È la rappresentazione di un contesto slegato, in cui le singole componenti sono standardizzate, tutte uguali e distanti l’una dall’altra. È l’immagine stessa dell’omologazione culturale (e forse etica) che si vuole imporre a questa città. Un disegno misero e pericoloso, che vede le diversità come minaccia e non come ricchezza e l’integrazione delle loro componenti come un pericolo.

Livorno ha fondato i suoi basamenti, è il caso di dire, nella capacità di accogliere genti diverse da tutto il Mediterraneo ed è proprio l’”incastro” di lingue, costumi, religioni così differenti che ne hanno fatto la città viva, irriverente e sanamente anarchica che in molti amiamo.

La cosiddetta “Nuova Palladiana” non è un restauro, ma una Restaurazione. Celebra alla perfezione un modello cittadino al quale neanche il centro sinistra (verrebbe da dire soprattutto il centrosinistra) non sa e non vuole sottrarsi: il trionfo dell’omologazione dei fast food e dei fast fashion, del turismo mordi e fuggi delle crociere e della gig-economy, dei grandi centri commerciali che desertificano il centro. Del cemento e della marginalizzazione del dissenso.

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Esponente dell'Associazione Livorno Porto Pulito APS

3 commenti su “Livorno: il Comune distrugge la “Palladiana”, e un pezzo di storia”

    1. Ornella De Zordo

      Buongiorno Mauro, e se fosse quello che vogliono? non farci più scandalizzare, accettare tutto come normalità…continuiamo invece a puntare il dito su decisioni che vanno contro il bene collettivo, e farle emergere! Grazie comunque del messaggio!

  1. Luca Ribechini

    Penso anch’io che la peggiore reazione che possiamo avere di fronte a questi scempi sia la rassegnazione, la sensazione di impotenza.
    Capisco che lottare contro queste modalità di esercizio del potere può apparire frustrante, ma smettere di lottare è la morte di ogni sensibilità politica.

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