L’insostenibile nucleare di pace e di guerra: no grazie!

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Venerdì 28 febbraio 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato la legge delega “in materia di energia nucleare sostenibile“ e così il Governo ha riportato il nucleare in Italia. Un “importante provvedimento”, ha commentato la premier Meloni, “per garantire energia sicura, pulita, a basso costo, capace di assicurare sicurezza energetica e indipendenza strategica all’Italia”. Secondo il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin “entro il 2030 avremo il nucleare in Italia” e “non torneranno le centrali, puntiamo al nuovo nucleare, che prevede l’installazione di moduli di piccole dimensioni, assolutamente sicuri”  (cfr articolo La transizione energetica e il nucleare distribuito). Il ministro ha anche auspicato che la legge delega venga approvata dal Parlamento entro la fine dell’anno.

Con il via libera alla legge il governo sarà “delegato ad adottare, entro 12 mesi, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale“. con l’accentramento del potere decisionale all’esecutivo rispetto al Parlamento e sui finanziamenti pubblici carico delle tasche di cittadini. E a proporre al governo i decreti attuativi da adottare sarà il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il ministero delle Imprese e del made in Italy, il ministero dell’Università e della ricerca, la Conferenza unificata stato-Regioni. 

Il ddl delega dimezza quindi i tempi per l’adozione dei singoli decreti legislativi portandoli a 1 anno per la definizione di discipline anche tramite un Programma nazionale  di sperimentazione, localizzazione, costruzione, esercizio dei nuovi impianti nucleari e per la “fabbricazione e i riprocessamenti del combustibile nucleare”.            

Il ddl delega assume come incontrovertibile la previsione del raddoppio rispetto ai flussi attuali della richiesta di energia elettrica nei prossimi 20/30 anni. Ne consegue la previsione del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) di una quota di elettricità da fonte nucleare tra l’ 11 e il 22% (l’incertezza sulle quantità la dice lunga sulla fondatezza del programma). Vengono previste discipline per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi, sui criteri per le localizzazioni degli impianti nucleari su istanza dei promotori, sulla ricerca per la fissione e la fusione nucleare, sullo smantellamento delle centrali esistenti peraltro già dismesse dalla volontà popolare nei due referendum antinucleari del 1987 e del 2011, sull’adeguamento ai dispositivi normativi dell’ UE e viene rimandata alle calende greche la questione del sito unico nazionale di confinamento dei rifiuti radioattivi. Sono anche previsti finanziamenti pubblici di 20 milioni di euro per ciascuno dei tre anni: 2027, 2028, 2029 (per un totale di 60 milioni) con l’aggiunta di 1,5 milioni per il 2025 e di 6 milioni per il 2026: tutto a carico dei cittadini.    

Il Governo Meloni, dunque, avvia la normativa per tornare a costruire in Italia centrali nucleari a fissione: una “decisione antistorica e ideologica, che vuole rallentare la rivoluzione energetica del Paese”, così viene bollata dalla coalizione “100% Rinnovabili Network”, comprendente anche le associazioni ambientaliste, che ha bocciato senza appello il DDL del governo. E’ anche una maldestra operazione di greenwashing, con la quale si cerca di far passare il nucleare come nuovo e sostenibile, solo per la novità delle piccole centrali e in forza del suo inserimento truffaldino nella Tassonomia delle attività finanziarie ed economiche sostenibili da parte della UE. Si tratta infatti di tecnologie modulari non mature, costose, ad oggi non commerciabili, di cui attualmente non esiste alcun prototipo in Occidente, gli SMR (Small Modular Reactor), con problemi di sicurezza e di controllo. Questi mini-reattori farebbero certamente meno paura delle mega-centrali, ma è comunque improbabile che questo governo voglia giocarsi il consenso della seconda parte di legislatura, discutendo di dove piazzare i nuovi reattori visto che, come i predecessori, non riesce nemmeno a individuare un sito dove collocare le scorie delle centrali chiuse quarant’anni fa. C’è chi vorrebbe ripartire col movimento antinucleare (cfr articolo Nucleare mai più ) e anche chi parla di indire un terzo referendum che comunque il governo non teme: il ministro Pichetto Fratin crede che “in questi anni la sensibilità dei cittadini sia cambiata rispetto alle paure conseguenti agli incidenti di Chernobyl e Fukushima. Poi, per carità, c’è sempre chi vuole la decrescita felice, ma non penso sia la maggioranza. Noi guardiamo al futuro, abbiamo fiducia nella ricerca e siamo per la crescita e lo sviluppo”.

Infatti il Governo va oltre al piano normativo sul nucleare e ha già iniziato in termini operativi. Dopo pochi giorni dal Ddl sul nucleare “sostenibile” i ministri dell’Ambiente, Pichetto Fratin, e quello delle Imprese, Urso, insieme al numero uno di Confindustria, Orsini, hanno fatto visita al bacino del Brasimone, sito del reattore sperimentale Pec (Prova elementi combustibili) chiuso a seguito referendum, dove, però, la società Newcleo, costituita da Enel, al 51%, Ansaldo Energia, al 39, e Leonardo al 10, ha insediato il proprio centro ricerche. La mission: produrre in serie piccoli reattori nucleari a fissione di quarta generazione, che sfruttano il piombo fuso come refrigerante anziché l’acqua, ossia quella tecnologia che proprio Enea sta sviluppando in questi anni al Brasimone.

E c’è pure Fabrizio Fabbri, amministratore delegato di Ansaldo Energia, a cui fa capo il cento per cento di Ansaldo Nucleare, che si sbilancia sugli smr: “il vantaggio di questi impianti, un terzo di quelli tradizionali per dimensioni, è anche di poterli costruire in officina e trasportare e installare senza problemi e con una sicurezza assoluta, dove, è ovviamente ancora tutto da decidere”.

C’è infine anche Fincantieri, che ha all’attivo una collaborazione con Newcleo e che sta valutando la fattibilità dell’integrazione di reattori nucleari di nuova generazione sulle navi militari. Da sempre il nucleare civile è usato per favorire quello militare. Si pensa forse di dotare il paese o di produrre e commercializzare armamenti atomici? Sono tempi di guerra e l’irresponsabilità di più di qualcuno potrebbe anche crederlo possibile. 

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