Il potere oggi è diventato gassoso, onnipresente ma invisibile, capace di infiltrarsi in ogni aspetto delle nostre vite: “Esistiamo in uno stato di ipnosi permanente, dove la consapevolezza è attutita, ma mai del tutto quieta” scrive Jianwei Xun nel suo libro d’esordio Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà.
“L’Ipnocrazia è così la forma perfetta del capitalismo nell’era digitale: un sistema dove potere economico, politico e tecnologico convergono nella capacità di indurre, mantenere e modulare stati alterati di coscienza su scala globale. La resistenza a questo intreccio non può quindi limitarsi alla critica al capitale o alla tecnica. Deve comprendere la natura ipnotica del sistema e sviluppare pratiche di presenza […] [come per esempio] momenti di decelerazione consapevole sono, di per sé, atti di resistenza contro l’imperativo dell’iperproduttività. Un aspetto cruciale della resistenza invisibile, poi, è la costruzione di una comunità invisibile. Un tipo di comunità che non si fonda su identità visibili e categorizzabili.” (vedi poi)
Nell’era dell’Ipnocrazia si aggirano due grandi ipnotizzatori, figure emblematiche, di questa epoca del mondo: “Donald Trump ed Elon Musk, che non sono semplicemente individui potenti, sono i sacerdoti di questo nuovo paradigma, forze opposte ma complementari nella battaglia per la realtà. Da una parte, Trump svuota il linguaggio: le sue parole, ripetute all’infinito, diventano significanti vuoti, privi di senso eppure carichi di potere ipnotico. Dall’altra, Musk inonda la nostra immaginazione di promesse utopiche destinate a non materializzarsi, trascinando le menti in una trance perenne di anticipazione ossessiva. Insieme modulano i desideri, riscrivono le aspettative, colonizzano l’inconscio.”
A tutto ciò contribuisce anche l’IA (Intelligenza Artificiale) che permette la coesisteza di multiple versioni della realtà fra loro incompatibili. A questo Xun contrappone il concetto di “sovranità percettiva”, cioè la capacità di muoversi fra realtà multiple:
“Ogni prompt può produrre numerose risposte, ognuna convincente a suo modo, ognuna che mantiene una coerenza interna pur potendo contraddire le altre. Il sistema non ha bisogno di determinare quale versione sia “vera”; deve semplicemente mantenere il maggior numero di versioni possibile in perpetua circolazione. […] Il sistema ipnocratico non ha bisogno di sopprimere la verità, deve semplicemente creare abbastanza verità contrapposte affinché qualsiasi singola versione della realtà perda il suo potere autoritario. La soluzione, se c’è, non può essere un semplice ritorno ai “fatti” o alla “verità”. Abbiamo bisogno di nuovi modi di comprendere e interagire con questo sistema di realtà multiple […] dobbiamo esercitare quella che potremmo chiamare sovranità percettiva: la capacità di muoverci tra sé multipli mantenendo la consapevolezza del movimento stesso. Non si tratta di trovare un “vero” sé al di sotto delle performance, ma di sviluppare consapevolezza metacognitiva della nostra stessa molteplicità. La rivoluzione contro l’Ipnocrazia non passa dall’affermazione di un’identità reale contro quelle false, ma attraverso la padronanza consapevole dell’arte della molteplicità. […] la sovranità percettiva opera attraverso la capacità di sperimentare simultaneamente realtà contraddittorie senza la necessità di risolverle in una sintesi coerente. E’ precisamente questa capacità di abitare la contraddizione-non come limite ma come risorsa-che la rende potenzialmente sovversiva rispetto alla locica ipnocratica. Mentre il sistema cerca di ottimizzare e normalizzare l’esperienza attraverso la modulazione algoritmica, la sovranità percettiva coltiva attivamente l’esperienza del paradosso, dell’ambiguità, dell’inefficienza…..In questo senso, la sovranità percettiva rappresenta un rovesciamento della logica ipnocratica: invece di cercare di imporre ordine al caos della percezione, abbraccia questo caos come fonte di libertà. ”
In questo saggio Jianwei Xun, il giovanissimo autore, che il traduttore paragona a Jean Baudrillard e a Byung-Chul-Han, descrive come nell’Ipnocrazia il dissenso, la critica anticapitalista è neutralizzata, e trasformata in una critica molle e cosmetica:
“Gli slogan radicali campeggiano sugli articoli di lusso. L’immaginario rivoluzionario vende bevande. La critica al potere diventa una serie Netflix. Il sistema non teme il sentimento antisistemico; ha imparato da molto tempo a monetizzarlo. Ogni espressione di resistenza diventa un’opportunità di marketing, una categoria con la quale etichettare i contenuti, un target demografico da servire. Anche i movimenti sociali sembrano intrappolati in un paradosso simile. Più diventano visibili, più vengono trasformati in flussi di contenuti. Dall’attivismo climatico ai femminismi, le richieste urgenti di cambiamento sono facilmente convertite in metriche di coinvolgimento e trasformate in performance. Anche le critiche più radicali ai social media finiscono per diventare post virali sui social media. I libri sui pericoli della tecnologia – come questo – diventano bestseller su Amazon. Gli avvertimenti sulla manipolazione algoritmica accumulano milioni di visualizzazioni su YouTube. Ogni nuova critica alla Silicon Valley diventa parte dell’ecosistema di contenuti della Silicon Valley. Gli avvertimenti sul capitalismo della sorveglianza generano dati per il capitalismo della sorveglianza. Le critiche alla manipolazione algoritmica sono esse stesse manipolate algoritmicamente, e via dicendo. Anche il fenomeno degli “influencer rivoluzionari” esemplifica questa dinamica. Il contenuto politico radicale diventa personal branding. La critica sistemica diventa un percorso verso la monetizzazione, e il confine tra attivismo e creazione di contenuti sfuma fino a diventare indistinguibile. Il sistema non ha bisogno di cooptare queste voci; si cooptano da sole nell’atto stesso di cercare visibilità, convinte fino alla fine di star “agendo per il bene”. Nel frattempo, le app ti aiutano a usare meno le app, e il sistema trae profitto dal proprio rifiuto. Ogni tentativo di fuga fa marcia indietro e torna alla base.
Come opporsi a questo sistema che assorbe e trasforma addirittura la resistenza stessa in merce? Bisogna rimanere vigili nel cuore della trance, perché nell’Ipnocrazia, si possono generare “crepe” da cui può emergere qualcosa di radicalmente Altro. Chi si ricorda “Luther Blissett” pseudonimo collettivo della controcultura degli anni ’90, usato in Italia e Europa come identità condivisa da centinaia di persone, in modo anarchico e decentralizzato, da cui nel 2000 sorse il collettivo “Wu Ming”?
“Questa strategia anticipava molte delle sfide poste oggi dall’Ipnocrazia algoritmica, sebbene la resistenza oscura contemporanea debba operare non solo sotto il radar dei media tradizionali, ma anche e soprattutto negli interstizi dell’attenzione algoritmica. Il concetto di condividuo assume così nuova rilevanza, non più come identità collettiva consapevolmente costruita ma come pratica di presenza del singolo distribuita che resiste alla profilazione algoritmica attraverso la sua natura gassosa e inconsistente. Le beffe mediatiche di Luther Blissett mostrano una forma di presenza che rimane deliberatamente sotto la soglia della rilevanza algoritmica, che emerge solo per creare sconcerto. Una resistenza che opera non attraverso l’opposizione visibile, ma mediante zone d’ombra nell’economia dell’attenzione. La resistenza può e deve, quindi , operare in piena vista, utilizzando i meccanismi stessi del sistema per rivelare le sue contraddizioni, abitamdolo in modi che ne espongano e ne sovvertano le logiche interne. II sistema va compreso per poterlo cortocicuitare dall’interno, usandolo per generare l’imprevisto.”
Jianwei Xun, Ipnocrazia, Tlon, Roma 2025, pp.128, euro 13

Gian Luca Garetti

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