Riflessioni a partire da “Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica”, di Donatella Della Porta

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In Occidente stiamo assistendo a passi significativi verso un modello di società sempre più autoritario, che dovrebbero allarmarci seriamente. L’adozione di pratiche e politiche repressive tese a limitare le libertà personali ultimamente ha visto come principale obiettivo i movimenti a favore dei diritti del popolo palestinese, insieme ad intellettuali e personalità che hanno sostenuto queste istanze.

La repressione si giustifica di fronte all’opinione pubblica con la necessità di combattere l’antisemitismo: cosa c’è infatti di più popolare e condivisibile di questa lotta, che per generazioni abbiamo associato all’antifascismo, alla Resistenza, ai valori fondanti della Repubblica?

Partiamo dagli Stati Uniti, con una notizia recente. Mahmoud Khalil, classe 1995, di origine palestinese, è uno degli organizzatori del movimento studentesco della scorsa primavera che alla Columbia di New York si è opposto al genocidio, chiedendo l’interruzione dei legami accademici tra la sua università e Israele. La protesta, totalmente pacifica, è stata repressa violentemente dalla polizia di New York, che ha arrestato allora oltre 100 studenti. La notte del 7 marzo di quest’anno, Khalil, regolarmente residente negli USA, è stato arrestato dal reparto immigrazione e dogane della polizia, che lo ha portato via ammanettato e senza esibire un mandato di arresto, come testimoniato dalla moglie.

Il commento di Trump ha come sempre un’aria fascista, minacciosa, che inquieta: “è solo il primo di una lunga serie”. Il motivo dell’arresto: il segretario di Stato Marco Rubio ritiene che le sue attività contrastino con l’impegno del governo USA contro l’antisemitismo. In pratica, nonostante non sia stato accusato di alcun crimine, rischia di essere deportato all’estero, e come lui ogni immigrato che abbia partecipato alle mobilitazioni pro Palestina.

Questo significa che la libertà di espressione, la freedom of speech del primo emendamento, cardine del liberalismo americano, viene sospesa, per cosa? Per difendere Israele. La lotta all’antisemitismo, che era sinonimo di antifascismo, diventa dunque un’arma in mano al fascismo? Il punto fondamentale per comprendere questo processo è il significato che queste istituzioni politiche e culturali ormai danno all’antisemitismo: non più definire odio e discriminazione nei confronti degli ebrei, ma qualcosa di molto diverso: la critica al sionismo, la critica a Israele.

Cambiando radicalmente il senso della parola, ma mantenendo la sua accezione terribile, che evoca non solo il razzismo ma l’Olocausto degli ebrei, si è modificato il nostro stesso modo di relazionarci agli eventi, e in definitiva di stare al mondo. Fino al punto di non renderci conto che sta diventando reato criticare Israele. A riconoscere e mettere in evidenza la manipolazione del concetto di antisemitismo negli Stati Uniti c’è un movimento ebraico che si è schierato in prima fila a fianco di Khalil: Jewish Voice For Peace, che ha occupato l’atrio della Trump Tower di New York per chiederne il rilascio; anche questa protesta ha visto una reazione sproporzionata della polizia, che ha arrestato decine di manifestanti.

L’analisi della repressione, a partire dai fatti di cronaca, deve andare di pari passo con lo studio dei meccanismi che la rendono possibile e tutto sommato tollerabile per l’opinione pubblica, sempre più distratta e facile da indirizzare. Per permettere un esercizio del potere sempre più autoritario, e indirizzare una lettura della società nella direzione desiderata, uno degli strumenti è la creazione di campagne di panico morale, ad opera di politici, giornalisti, gruppi di pressione, che assumono dunque il ruolo di imprenditori del panico morale. Si tratta di creare un allarme ingiustificato o eccessivo verso un preciso fenomeno, in questo caso l’antisemitismo, con lo scopo di giustificare provvedimenti repressivi e conservazione del senso comune nel quadro voluto.

Di questo si occupa il fondamentale saggio di Donatella Della Porta, sociologa ed esperta di movimenti sociali e repressione, dal titolo Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica, (Altreconomia, 2024), che l’autrice ha presentato il 6 marzo alla Casa del Popolo dell’Isolotto con Firenze per la Palestina e SPI-CGIL Firenze. La cosiddetta guerra all’antisemitismo in Germania è l’argomento del saggio, che parte da un dato oggettivo: la matrice degli episodi di antisemitismo negli ultimi tempi non è cambiata, è sempre nell’estrema destra che si rileva questo fenomeno. Perché allora creare l’allarme antisemitismo attribuendolo a sinistra, ai movimenti per i diritti dei palestinesi, agli antirazzisti? La risposta è che causare allarme sociale ha lo scopo di permettere la repressione politica.

In alcuni dei casi riportati nel saggio, si tratta di personalità da sempre impegnate contro il razzismo, o addirittura ebrei discendenti di vittime del nazismo. Come Masha Gessen, che ha visto annullata la cerimonia di consegna del premio Hanna Arendt, in quanto colpevole di aver paragonato la situazione di Gaza a quella di un ghetto ebraico: “in entrambi i casi si propone che un’autorità occupante possa scegliere di isolare, immiserire e, ora, mettere mortalmente in pericolo un’intera popolazione in nome della protezione della propria” (New Yorker, 9 dicembre ‘23): relativizzare l’Olocausto per gli imprenditori del panico morale è antisemita.

O Nancy Fraser, filosofa di origine ebraica anch’essa, accusata per aver sottoscritto un appello al boicottaggio accademico, licenziata dalla sua università con l’accusa di antisemitismo. Ha commentato dicendo che questo “maccartismo filosemita è solo un modo per mettere a tacere le persone con il pretesto di difendere gli ebrei”, e inoltre: “Ciò che sta accadendo a Gaza non dovrebbe accadere – e soprattutto non in mio nome. Rifiuto fermamente l’equazione tra Israele ed ebraismo. L’ebraismo ha una ricca tradizione laica e, soprattutto, universalistica. Mi addolora quando viene ridotto all’attuale politica iper-etno-nazionalista di Israele” .

Spiega Della Porta come sia contraddittorio quello che sta succedendo: “In Germania si è data una spiegazione apparentemente lineare: i tedeschi si sentono in colpa. Ma allora perché si sostengono solo alcuni ebrei, e non tutti?”

Perché il significato di antisemitismo non è più quello classico: attraverso la definizione dell’International Holocaust Remembrance Association (IHRA), si è trovato il modo di attaccare quello che è stato definito ‘nuovo antisemitismo’: sono considerate quindi antisemite anche manifestazioni che prendano di mira lo Stato di Israele. Questa definizione, nonostante sia stata ampiamente contestata, è molto più riconosciuta di quanto si possa immaginare, ad esempio il Comune di Firenze l’ha adottata, così come si trova al centro di un disegno di legge presentato dalla Lega un anno fa, che propone di adottarla come definizione giuridicamente vincolante. Il contrasto all’antisemitismo si fa, tra le altre cose, così: una stretta sulle manifestazioni di piazza, prevedendo “il diniego all’autorizzazione di una riunione o manifestazione pubblica per ragioni di moralità“. Uno stop che – si legge nel testo – “può essere motivato anche in caso di valutazione di grave rischio potenziale per l’utilizzo di simboli, slogan, messaggi e qualunque altro atto antisemita ai sensi della definizione operativa di antisemitismo adottata dalla presente legge“. La presenza di una kefiah o di una bandiera palestinese può venire interpretata come atto antisemita, e portare al divieto di manifestare. Una stretta è prevista anche per l’accesso ai social, dove manifestazioni di antisemitismo devono poter essere rimosse.

In pratica stiamo proponendo una legge per cui criticare Israele diventa reato. Non è fascismo questo? Un atto necessario come denunciare un genocidio, opporsi allo sterminio di civili chiusi in un campo di concentramento, è diventato ‘antisemita’, all’interno di un discorso che presenta noi Occidente come la civiltà superiore, come ‘i buoni’, contrapposti al mondo arabo-islamico, ‘i terroristi’, barbari, pericolosi tagliagole che minacciano e mettono in pericolo la nostra sicurezza, rendendo così accettabile il razzismo anti-islamico, e legittima la repressione dei movimenti che esprimono solidarietà alla Palestina.

Questo ci porta a capire come si sia formata questa alleanza tra Israele ed estrema destra, i migliori alleati di Netanyahu infatti sono Trump, Meloni, Milei, e i neonazisti di AfD in Germania. Questo fenomeno, di accusare di antisemitismo chi normalmente si oppone al razzismo, è piuttosto recente, ci ha spiegato Della Porta, e si è sviluppato attraverso una serie di politiche specifiche dei governi di estrema destra israeliani, che hanno lanciato delle campagne specifiche, in collaborazione con varie lobby. Lo schema del panico morale infatti sembra seguire “una sorta di scrittura teatrale, che tende a ripetersi”: si lancia l’allarme, si individua i colpevoli, si sanzionano.

Alle origini, prima dell’intervento dei media che lanciano campagne, ci sono sempre delle associazioni, sioniste, spesso vicine o direttamente finanziate dal governo israeliano, che adottano da parecchi anni la stessa strategia: colpire attraverso la diffamazione, diffondere notizie false (pensiamo ai bambini decapitati il 7 ottobre ad esempio).

Tutto questo assume connotazioni sinistre quando facciamo caso a come media e politici riprendano acriticamente queste campagne, in modo assolutamente compatto e affiatato, ricordiamo a titolo di esempio i fatti di Amsterdam del novembre scorso, quando in seguito a una partita di calcio si sono verificati scontri tra locali e tifosi israeliani. La sentenza di pochi giorni fa parla di episodi di violenza legati all’hooliganismo (niente a che fare con l’antisemitismo quindi) alimentati dalle provocazioni dei tifosi del Maccabi, che cantavano in giro per la città “a Gaza non ci sono più scuole perché non ci sono più bambini”.

Come ci è stata raccontata questa vicenda è il perfetto esempio di come si innesca una campagna di panico morale con l’obiettivo di scatenare la paura che un nuovo olocausto degli ebrei sia un rischio concreto. Il Sole 24 ore: “Violento attacco antisemita a tifosi israeliani ad Amsterdam. Netanyahu condanna l’attacco antisemita”. Il re olandese Guglielmo Alessandro: “Abbiamo fallito come ai tempi della Shoah”. Huffington Post: “Caccia all’ebreo. Sì, è stata un’altra notte dei cristalli”. La Repubblica titolava: “Amsterdam, è caccia all’ebreo. Un nuovo pogrom in Europa”. il Foglio: “Il pogrom contro i tifosi israeliani ad Amsterdam: inseguiti e picchiati in quanto ebrei”.  Giorgia Meloni: “L’antisemitismo dilagante è inaccettabile e spaventoso ed è nostro dovere garantire piena sicurezza ai cittadini di religione ebraica”.

La manipolazione dei concetti e delle notizie che è alla base della normalizzazione del genocidio è la stessa che giustifica la marcia delle nostre società verso un modello sempre più autoritario e repressivo, le cui vittime oggi sono gli immigrati e i movimenti di opposizione politica. L’apprezzamento che Israele riceve dai movimenti suprematisti bianchi degli Stati Uniti, tradizionalmente antisemiti, aiuta a capire il nuovo quadro in cui ci troviamo, in cui Israele viene considerato l’avanguardia della civiltà occidentale in guerra con le orde di musulmani, un modello da seguire per l’Europa e l’Occidente.

La lotta per i diritti del popolo palestinese è intimamente intrecciata con quella per la nostra libertà: la minaccia comune è questa alleanza tra Israele ed estrema destra, che può contare su un fronte compatto che va dai politici ai media, che grazie ad una opposizione inesistente limita e sospende i diritti fondamentali, col pretesto della lotta all’antisemitismo.

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Simone Sorani

Simone Sorani, nato a Firenze nel 1981, laureato in Filosofia, lavoro come cuoco. Attivo nel collettivo di Firenze per la Palestina.

1 commento su “Riflessioni a partire da “Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica”, di Donatella Della Porta”

  1. Carlo A. Silenzi

    Eccellente articolo: queste riflessioni non mi sono nuove perché leggo il manifesto. Ma come districarsi da questo insidiosissimo e letale groviglio?

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