Piegata da un turismo fuor di misura e sempre più di lusso, Firenze è un paradiso per gli operatori turistici. E più l’attrattività cresce, più aumentano le opportunità per i grandi player. Ma non è così per i residenti.
La città ha definitivamente superato la crisi pandemica: nel 2024 si registra il record di 14 milioni di presenze ufficialmente registrate. Nello stesso anno è entrato in vigore un aumento della tassa di soggiorno, l’imposta che grava direttamente sul turista (per i b&b sono 6 euro a notte per persona. È la categoria più colpita: vedremo quali sono i vantaggi e a pro di chi).
Così, i ritocchi tariffari, uniti al crescente afflusso di visitatori, hanno portato il gettito dell’imposta al record di 77 milioni di euro. Cifra considerevole: ma come viene impiegata? Si perderà nei rivoli imperscrutabili dei bilanci, o sarà viceversa garantita la trasparenza sul suo uso sociale?
Sul totale dei proventi 2024, un quinto (ca. 17 milioni di euro) arriva dai 12.500 b&b presenti in città su Airbnb. Mediamente ogni appartamento rende al Comune 1.360 euro all’anno, infinitamente di più del residente proprietario che, in quanto tale, è esonerato dal pagamento dell’Imu. Più redditizio, quindi, un b&b che un residente, e molto meno problematico (i clienti dei b&b non votano, non hanno problemi di parcheggio, né sono disturbati dalla movida ecc.). È dunque una situazione vantaggiosa per l’amministrazione. Non meraviglia dunque l’assenza di tempestive e cogenti azioni di contenimento del fenomeno b&b che ha spopolato i quartieri. Il nuovo Piano operativo porrebbe, invero, un blocco al proliferare degli affitti brevi in centro storico, ma il ritardo con cui giunge la norma la rende sostanzialmente inefficace.
Ancora in merito agli affitti brevi, il sistema di riscossione della tassa di soggiorno (ex DL 50/2017, art. 4) suscita non poche perplessità, dato il gigantismo del sostituto d’imposta, ovvero del soggetto che sostituisce il contribuente (il turista) nei rapporti con l’amministrazione finanziaria (il Comune di Firenze). E il soggetto è infatti proprio Airbnb. Il colosso degli affitti brevi raccoglie i tributi al momento della prenotazione sulla propria piattaforma e, dopo averli accumulati nell’arco di un’intera mensilità, li versa al Comune ogni 15 del mese. Perciò, dei 17 milioni di euro riscossi per i b&b, ogni mese più di un milione (di tasse comunali) transita nelle casse del colosso californiano. Conveniente. Tanto conveniente che il Comune, per timore di perdere i proventi non versati dai proprietari di appartamenti su altre piattaforme, “resta disponibile a valutare accordi con altri player” (“La Nazione”, 25/03/25). Win win. Ma un giocatore (il privato) vince più dell’altro (il pubblico).
Malgrado la narrazione dominante, il turismo è un’economia povera: non efficiente nella redistribuzione di ricchezza; crea lavoro povero, mal pagato, grigio o nero, che richiede scarsa formazione (si veda il rapporto 2023 dell’Ispettorato nazionale del lavoro). È un’economia usurante del patrimonio e dello spazio pubblico; sostituisce diffusamente il reddito da lavoro con quello parassitario derivato dalla rendita; espelle i residenti dalle cosiddette “destinazioni”. Ha un costo altissimo per le comunità locali, stimato nel caso fiorentino intorno ai 20 milioni di euro annui (cfr. “Sole 24 Ore”, 8 marzo 2025).
Relativamente al turismo, il “modello Firenze” ha prodotto un sistema fiscal-urbanistico che ha favorito prioritariamente le holding del settore.
Vari fattori hanno portato a questa condizione:
– campagna decennale di vendita indiscriminata, e sottocosto, dei beni immobiliari pubblici (ca. 500.000 mq, nel raggio di 3 km dalla cupola del Duomo): tranne poche eccezioni, gli edifici alienati divengono alberghi di alta gamma e student hotel privati, residenze di lusso;
– assenza di un progetto organico per i grandi “contenitori” ex pubblici che potrebbe (o avrebbe potuto) costituire impedimento agli animal spirits dell’imprenditoria turistica;
– inquadramento anomalo, nel regolamento urbanistico, delle destinazioni d’uso: la voce “direzionale privato e servizi”, che comprende anche destinazioni ricettive quali foresterie e studentati (privati e di lusso), ha favorito il moltiplicarsi di sedicenti studentati privati, in tal modo consentendo di eludere il blocco delle licenze alberghiere in centro storico;
– eliminazione dell’obbligatorietà del restauro per i beni culturali, che demanderebbe la tutela su base urbanistica alle Soprintendenze le quali non hanno questo compito nel loro statuto (tale politica libera da vincoli edilizi le grandi operazioni sugli edifici monumentali, ad es. il resort in costa San Giorgio e le trasformazioni della ex caserma nel convento di Santo Spirito);
– l’impiego diffuso della monetizzazione degli standard, sia di quelli relativi al verde pubblico, servizi e scuole (ex DM 1444/1968), sia di quelli “aggiuntivi” (social housing) previsti dalla legge regionale (LRT 65/2014), iniqua misura di potenziamento della rendita;
– tariffazione assai vantaggiosa e regole lasche per gli innumerevoli dehors di bar e ristoranti.
Tra i fattori, infine, che facilitano i grandi affari dei giganti della finanza e del cemento non è trascurabile l’enfasi politico-mediatica che accompagna i progetti di infrastrutture utili a incrementare i flussi turistici verso la città: il progetto del nuovo aeroporto in primis, ma anche il tracciato del tunnel TAV e la nuova stazione Foster che non intercetta i passeggeri del servizio ferroviario locale.
Per non soccombere a questo processo è necessario oggi operare sugli interstizi, sulle macerie. Optare per scelte ponderate – di precisione millimetrica – sul patrimonio pubblico ancora a disposizione degli abitanti. Da parte delle realtà di base resta fondamentale continuare a denunciare gli abusi, i rischi e le irregolarità; informare e fornire elementi di critica sulle trasformazioni urbane e urbanistiche; ma, oggi ancor di più, offrire scenari progettuali, alternativi, convincenti. Immaginare contesti di senso, ampiamente desiderabili in quanto progetti di spazio pubblico aperto a tutti, che formino una costellazione di luoghi pubblici, liberati dalla morsa del mercato, di carattere emancipatorio per l’intera cittadinanza.

Ilaria Agostini

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