VENERDÌ 11 APRILE UNA GIORNATA INTERA AL TEATRO DELL’AFFRATELLAMENTO
via GP Orsini 73 Firenze.
Come è possibile che una popolazione intera sostenga un genocidio?
Come è possibile che, in Italia e in Occidente, quasi non si reagisca?
Quali sono i meccanismi psicologici e culturali che hanno indebolito l’umanità nelle nostre società – europee, americane, israeliane?
Nonostante i media occidentali ci mostrino manifestazioni contro il governo Netanyahu, spesso omettono di spiegare che quelle proteste riguardano soprattutto il ritorno degli ostaggi e le riforme autoritarie del sistema giudiziario. Quasi mai vengono messe in discussione le operazioni militari su Gaza o l’alto numero di vittime civili palestinesi.
Eppure i dati parlano chiaro: secondo vari sondaggi, circa due terzi del popolo israeliano si dichiara favorevole al blocco degli aiuti umanitari a Gaza. Questo significa accettare consapevolmente la morte per fame, sete e malattie di oltre due milioni di persone, tra cui un milione di bambini. In media, ne muoiono 50 al giorno da più di un anno.
In questa prospettiva, il palestinese – soprattutto quello di Gaza – appare sempre più come un soggetto deumanizzato, la cui vita ha perso ogni valore.
Una raccolta di dichiarazioni pubbliche rilasciate da ministri e funzionari israeliani, che conferma questo processo di disumanizzazione.
Deumanizzare l’altro significa deumanizzare se stessi La perdita di empatia e di rispetto per la vita umana non riguarda solo chi la subisce: riguarda profondamente anche chi la mette in atto. Perdere il senso di solidarietà, abituarsi all’ingiustizia, significa perdere l’umanità.
Guardare le immagini da Gaza – vedere volti, sofferenze, emozioni – e poi ascoltare risposte segnate da indifferenza o disprezzo crea una frattura dolorosa. Ma che abbiamo l’obbligo di affrontare, se ancora un altro mondo E’ possibile.
L’educazione alla violenza fa parte di un sistema culturale e sociale che inizia ad agire, soprattutto, sui bambini e i ragazzi, e il film (Innocence, Guy Davidi, 2022) che presentiamo, – per quello che ci auguriamo sia un ciclo di iniziative sulla disumanizzazione, ci pone di fronte a questo “obbligo” di agire chiedendosi e chiedendoci: come si fa a normalizzare la guerra, la violenza, se non si agisce direttamente sulle famiglie che “mettono a disposizione” i propri figli a un sistema educativo dove si insegna una forte identità nazionale una società costruita intorno all’esercito – come quella israeliana – finisca per normalizzare la guerra, l’occupazione, la violenza, fin dall’infanzia. L’identità nazionale viene spesso fusa con quella militare, rendendo la sopraffazione un elemento strutturale.
Il cinema occidentale, in particolare, ha giocato un ruolo decisivo nel sostenere la narrativa delle guerre in cui l’Occidente è stato coinvolto – dall’Afghanistan alla Libia, fino alla Palestina. Non sempre in modo esplicito: a volte con l’esaltazione eroica dei “soldati esportatori di democrazia”, più spesso con un lavoro sottile, simbolico, che ha impresso nell’immaginario collettivo l’equivalenza tra arabo, musulmano, terrorista, “cattivo per definizione”.
E’ per questo che siamo curiosi di capire come un israeliano, nato a Jaffa nel 1978, da una famiglia di perseguitati, ha impegnato dieci anni della sua vita – dal 2013 al 2022 – per trovare quello che già sapeva che c’era: il problema dei suicidi di adolescenti e giovani adulti, come conseguenza o durante il primo periodo di addestramento militare nell’IDF.
La matinée dedicata alle scuole fiorentine è già al completo da tempo.
Il programma del pomeriggio:
Ore 17 proiezione di Innocence, di Guy Davidi
Ore 18:30 dibattito con
Antonio Mazzeo, docente, peac
Alessandro Bartoloni, Ottolina TV
Federico Greco, filmmaker e saggista
Karem Rohana, attivista italo-palestinese
A seguire Aperitivo solidale
Firenze per la Palestina, No comando Nato né a Firenze né altrove, Osservatorio contro la militarizzazione nelle scuole e nelle università

Redazione

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