Mortalità da tumore associata all’ambiente inquinato in Italia: uno studio

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C’è una forte correlazione fra la qualità dell’ecosistema in cui viviamo e/o lavoriamo e le morti per cancro. L’inquinamento ambientale dovrebbe essere considerato uno dei principali fattori scatenanti del cancro, scrivono Roberto Cazzolla Gatti e collaboratori nello studio L’associazione spaziale tra inquinamento ambientale e mortalità per cancro a lungo termine in Italia. Un importante studio su scala nazionale che, basandosi sull’intelligenza artificiale, con l’aiuto di un algoritmo di apprendimento automatico, indaga i collegamenti tra mortalità per cancro e le diverse fonti di inquinamento ambientale, su scala regionale e provinciale. Inoltre vista la strutturale carenza di dati statistici a disposizione, contemporaneamente a questo studio gli autori hanno pubblicato, con accesso libero A Ten-Year (2009-2018) Database of Cancer Mortality Rates in Italy, una banca dati decennale (2009-2018) sui tassi di mortalità per 23 macro categorie di cancro su scala comunale, provinciale e regionale, avvalendosi dei registri ISTAT, allo scopo di facilitare il lavoro dei ricercatori e dei decisori politici.

Nel complesso, abbiamo scoperto che l’inquinamento atmosferico, le aree coltivate e urbane e altre attività industriali nelle aree urbane sono tra i fattori più importanti associati all’elevata mortalità per cancro. A questo innesco di tumori seguono, in ordine di rilevanza, i siti altamente contaminati (da bonificare), l’estensione delle aree urbane e agricole, la densità di veicoli a motore, le attività industriali nelle aree urbane, l’esposizione a pesticidi e pollini allergenici e la presenza di siti chimici , impianti energetici e discariche nelle vicinanze’.

La qualità dell’aria è al primo posto in relazione alla mortalità media per cancro, i tumori polmonari in Italia stanno causando il maggior numero di decessi tra entrambi i sessi (ISTAT 2019): ‘Abbiamo anche scoperto che l’estensione delle aree urbane è legata ai tumori dell’apparato respiratorio (trachea, bronchi, polmoni). È noto che la presenza di idrocarburi, composti organici volatili e luce solare forma smog fotochimico, con inquinanti secondari come i nitrati di perossiacetile (PAN). Queste sostanze sono considerate “fattori urbani” nello scatenare il cancro ai polmoni. Mentre I siti fortemente inquinati (da bonificare) si sono dimostrati maggiormente associati a tumori del sistema epidermico e nervoso (pelle, cervello, SNC)’, tumori ovarici, tumori ai reni,  mortalità per Hodgkin e linfomi. Così l’esposizione a pesticidi e fertilizzanti impiegati nell’agricoltura intensiva, e gli inquinanti impiegati dall’industria, sono considerati fra i principali fattori di rischio per la salute umana. Ma i governi e le istituzioni continuano ad essere sordi di fronte a queste prove scientifiche e non avviano programmi mirati a comprendere meglio i fattori ambientali del cancro.

I tumori sono oggi la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari in Italia e nel mondo. Negli ultimi decenni di ricerca sul cancro, l’inquinamento ambientale ha sempre stentato ad essere considerato uno dei principali fattori scatenanti, la responsabilità maggiore era attribuita allo stile di vita, a fattori genetici, a fattori casuali come la sfortuna, insieme con l’ obesità, con le abitudini sedentarie, con l’alcolismo, con il fumo, con fattori di stress cronico.

A livello regionale, nelle regioni settentrionali (in particolare nella Pianura Padana) dove le sorgenti di inquinamento sono elevate, si ha un tasso di mortalità per cancro relativamente maggiore rispetto alle regioni meridionali, anche se al nord lo stile di vita è migliore (si fuma di meno e ci sono meno persone in sovrappeso), anche se il reddito è più elevato, con maggiore consumo di alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale e con una più facile accessibilità all’assistenza sanitaria. A livello provinciale i tassi maggiori di morte per cancro si hanno laddove sono presenti più fonti di inquinamento ambientale, come attività industriali, coltivazioni intensive con uso di fertilizzanti o pesticidi, inceneritori, densità di veicoli a motore e così via. La provincia di Lodi è al primo posto per mortalità per tumori maligni su 107 province italiane, seguita da quelle di Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio, Cremona, Gorizia, Caserta, Brescia e Piacenza tra le prime dieci.

Fra i tumori quelli del pancreas, della mammella e del rene mostrano il più alto grado di associazione con le fonti di inquinamento ambientale. 7 macrocategorie di cancro su 23, e cioè i tumori a livello di laringe, colon, retto e ano, tiroide, cervice uterina, leucemia, altri tumori maligni del tessuto linfatico/ematopoietico e tumori non maligni, non mostrano alcuna associazione significativa con l’inquinamento. Dei 16 tumori significativamente associati alle fonti di inquinamento ambientale, le aree coltivate risultano essere il fattore ambientale più importante nel determinare l’incidenza dei decessi per cancro a “labbra, cavo orale, faringe”, “fegato e vie biliari intraepatiche” e “esofago”. Tra gli altri sospetti agenti cancerogeni nel suolo, i nitrati, che si accumulano dopo un’eccessiva fertilizzazione nei prodotti agricoli e percolano nelle falde acquifere, possono aumentare il rischio di cancro alla vescica. Il cancro della vescica è anche legato all’inquinamento atmosferico, con una forte associazione con la mortalità tra le persone che vivono in quartieri residenziali inquinati da impianti petrolchimici industriali. La qualità dell’aria, l’estensione delle aree coltivate, l’uso di pesticidi, l’esposizione a pollini allergenici e la presenza di siti industriali nelle aree urbane risultano fortemente correlati ai tumori dell’apparato gastrointestinale (che comprende bocca, fegato, pancreas, stomaco, ecc.).

Fra i limiti dello studio: ‘..alcune fonti puntuali di inquinamento che non mostrano relazioni con alcun tipo specifico di cancro (es. inceneritori , aeroporti, ecc.) possono ancora essere collegate alla mortalità a livello più locale (es. municipale), ma non potrebbero essere rivelate dalle analisi a livello scala regionale e provinciale. Un approccio futuro, nonostante la mancanza di dati puntuali sull’inquinamento (a livello locale), potrebbe prendere in considerazione il raggruppamento dei tassi di mortalità a scala municipale per rivelare punti caldi di potenziali problemi ambientali’.

Da questo complesso studio, unico nel suo genere, emerge che se l’ecosistema in cui si vive e/o in cui si lavora è inquinato, un migliore stile di vita, una maggiore attenzione alle problematiche socio-economiche e una migliore qualità di assistenza sanitaria,  riescono solo in parte a ridurre il rischio di morire di cancro nell’intera popolazione. ‘Con i risultati emersi da questo studio, chiediamo una riconsiderazione della priorità della ricerca e della cura del cancro che vede nella riduzione e nella prevenzione della contaminazione ambientale una delle principali azioni prioritarie da porre in essere nella dura lotta contro i tumori’.

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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