Volver: nuovo appuntamento con Maurizio De Giovanni e il commissario Ricciardi. Si dice che sia l’ultimo capitolo di quelli che De Giovanni ha dedicato al commissario Ricciardi. Ovviamente speriamo che tali voci non siano la realtà. Ci addentriamo in Volver e da Napoli andiamo verso il Cilento, a Fortino, terra di origine del commissario e luogo sul quale si sviluppa la sua indagine: un omicidio avvenuto 34 anni prima. Il contesto è, come sempre, importante nella vicenda che abbiamo l’opportunità di leggere.
Siamo negli anni ’40, la guerra è in corso e c’è un regime che se la prende con innocenti e li costringe i a scegliere la fuga come ancora di salvezza; in un paese, l’Italia, dove la gente accetta la privazione della libertà e si abitua alla sopraffazione; poi il surrogato del caffè, effetto collaterale delle sanzioni internazionali, le norme per l’oscuramento, il malumore diffuso e le persone che fanno fatica ad andare avanti, mentre la borsa nera fa affari d’oro.
In Volver – un termine che indica il bisogno di tornare come fatto fisico e concreto – ritroviamo tutti i personaggi che hanno, nei precedenti romanzi, caratterizzato le vicende di Ricciardi, da Modo, bravo a mettersi nei guai, personaggio che ben descrive ciò che porterà la guerra, con la sua giusta critica verso coloro che non hanno fatto niente e potevano farlo, e che con il suo punto di vista politico preoccupa Ricciardi; a Nelide, con il suo compito di accudire Ricciardi e famiglia; da Livia/Laura al brigadiere Maione, innamorato del proprio lavoro e allo stesso tempo in difficoltà nel dover arrestare padri di famiglia costretti a rubare per sfamare i propri figli; dal cadavere “che parla” a Ricciardi, a Bambinè, la persona più attendibile rispetto a informazioni riservate, il femminiello.
Un Ricciardi che entra in agitazione nel momento in cui scopre che l’attenzione del regime pone gli occhi, non tanto su di lui, ma sulla piccola Marta. Ma se c’è “volver” non può non esserci l’Argentina, e se si parla di guerra e di Napoli come non dire della capacità del popolo dei vicoli di resistere, con un sentimento di solidarietà condiviso, tutti insieme spalla a spalla, a un mondo di contraddizioni e follia. E se “volver” è una parola che non significa dimenticare, non può essere l’aver paura dell’incontro con il passato che ritorna, una triste e patetica illusione con i sogni che sono fatti di ricordi.
Senza forzatura alcuna, Volver è di stringente attualità. Ma sì, voglio spendere due parole su quanto sta avvenendo in Palestina, per un semplice motivo: volver = tornare. Diritto al ritorno! Uno dei punti fermi della resistenza palestinese. VOLVER contro il nazifascismo negli anni ‘40 e la dittatura militare in Argentina negli anni ‘70 ma di sicuro contro il genocidio in Palestina oggi !!! Volver non può essere l’ultimo capitolo di quanto De Giovanni ha dedicato a Ricciardi, la speranza mia e di quanti leggono con piacere le sue pagine è di ritrovarsi, a breve o meno, con un nuovo caso che ci catturi l’attenzione.

Edoardo Todaro

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